lunedì 2 febbraio 2015

LA CORRIFERRARA A SPASSO NEL TEMPO 17

17° PUNTATA – RACCHETTA..... CI SONO!

 
Riprendendo per mano il nostro amico podista, ci lasciamo alle spalle la chiesa di San Paolo e, proprio davanti a noi, si apre questa fantomatica Via Vaspergolo, dove quest'anno si trova il Marathon Village.
Questa piccola strada, probabilmente ai più sconosciuta, può vantare una gloriosa partecipazione letteraria, il grande scrittore bolognese Riccardo Bacchelli, la menziona nella sua opera più famosa, “Il Mulino del Po”.
Venendo all'origine del nome, pare derivi da “Valle a Spergula”, una pianta cariofilacea, una specie di foraggio, che cresce nei campi, ma che curiosamente non è tipica delle nostre zone, mentre in alcune parti del ferrarese è possibile trovare una pianta similare, la “Spergularia”.
In realtà questo vicolo, nei decenni passati, era più conosciuto, con il nome di “Strada della Racchetta”, in ricordo di un gioco popolarissimo in città che si svolgeva nel medioevo nelle zone adiacenti, lo stesso motivo per cui, il palazzo presente al civico 6, prese lo stesso nome, e si arrivò addirittura, nel 1771, a porre su un bellissimo altare, all'interno della vicina chiesa di San Romano, un'immagine di Madonna Addolorata venerata proprio con il nome di “Madonna della Racchetta”.
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Ma ora torniamo dal nostro maratoneta, che, con pochi passi, è proprio davanti a questo palazzo.

(Palazzo della Racchetta oggi)
 
Di origini antichissime, eretto probabilmente attorno al 1200, da sempre quindi, nel cuore della città, vivendone tutte le fasi di trasformazione, ma per assurdo, solo in epoca moderna, assurge agli onori della cronaca, nel 1901 diventa la sede della prima camera del lavoro di Ferrara.

(Lapide posta sul Palazzo)

Dopo anni di completo anonimato, grazie all'impegno del proprietario, Laerte Balboni, il palazzo è risorto ed oggi è uno splendido contenitore per eventi ed esposizioni, con saloni impreziositi da caminetti d'epoca, soffitti a cassettoni, dove sono leggibili gli stemmi delle corporazioni medieovali, e poi ancori archi, affreschi e tanto altro, a testimonianza dei tanti insediamenti succedutisi nei secoli.

(Interno Palazzo della Racchetta)

(Altro interno Palazzo della Racchetta)
 
Probabilmente, in tutta la sua storia quasi millenaria, questo edificio non immaginava che prima o poi sarebbe diventato sede di un grande evento sportivo per la città, ma è anche vero che è uno sport (anche se ora scomparso) a cui deve il nome e perciò forse.......era nel suo destino.


Ora accompagniamo il nostro amico all'interno.... il dovere chiama, ma più che una necessità, il ritiro del pettorale per un atleta è quasi un rito, è il momento in cui entri a far parte della manifestazione, il momento in cui cominci a sentire l'adrenalina scorrerti nelle vene.
Fino a qualche attimo prima sei il camminatore della domenica, quanto hai il tuo pettorale in mano, cominci a sentirti non un podista, ma un corridore vero, poi se concluderai la tua gara con il solito distacco abissale dal vincitore, non importa, tu ci sei, tu partirai al fianco dei primi ed alla fine potrai dire “io c'ero”.
Con la busta contenente il prezioso numero in mano (perché non lo metti mai subito nel tuo borsone), è di rigore poi, un giretto tra gli stand dell'expo.
Tra i banchetti del villaggio, la fanno da padrone le scarpe, da Nike ad Asics, da Mizuno ad Adidas, abbigliamento di ogni misura e colore, le immancabili novità tra i porta cellulari o portadocumenti, poi quelli che consideri dei tuoi colleghi, che sono presenti a pubblicizzare la propria corsa e trovi sempre quella che ti colpisce e che ti riprometti di fare l'anno dopo. Non manca mai nemmeno qualche saluto ad altri podisti di cui ricordi la faccia ma non il nome, ma questo non importa, nello sport siamo tutti amici, non c'è differenza di censo o bravura, in tuta siamo tutti uguali.
Finito il giro, riposto il numero e gli immancabili volantini pubblicitari di alcune gare nella borsa, ora la direzione è l'albergo.
L'impegno sportivo è, molte volte, anche l'occasione per sfruttare le ore che precedono la competizione, per visitare una città, per scoprire tanti piccoli tesori che altrimenti ci resterebbero
ignoti.
 
Così il nostro atleta, dopo una doccia ristoratrice eccolo scendere le scale del proprio hotel e dirigersi verso quelli che da tutti sono riconosciuti, come i tesori della città... il castello e la cattedrale.
Ma una volta giunto nella piazza, eccolo restare colpito dalle tante cose che Ferrara offre e non solo i due gioielli più famosi.
Il primo sguardo eccolo riporsi verso la Torre dell'Orologio
(Torre dell'Orologio oggi)
 
Questa è una copia dell'antica Torre della Renga o dell'Arringa, perché era dal suo balcone che si parlava al popolo, detta anche della “Massaria”, che crollò nel 1570 a causa del famigerato terremoto, anche se alcuni autori sostengono che fosse già in pessime condizioni dal 1533.
Quella che vediamo oggi, venne ricostruita nel 1603 per opera dell'architetto Giovan Battista Aleotti, e non subì modifiche fino all'unità d'Italia, quando, nella notte del 28 dicembre 1864 venne illuminato per la prima volta l'orologio, in modo che le ore potessero essere viste in qualsiasi momento della giornata.
 
Dopo la Torre, ora sono due statue che colpiscono l'attenzione del nostro maratoneta, due delle pochissime presenti in città. Stiamo parlando del Marchese Niccolò III (quello a cavallo) e del Duca Borso d'Este (quello seduto sul faldistorio), rispettivamente padre e figlio.

(Niccolò III d'Este - Il padre)

(Borso d'Este - Il figlio)

Proprio di fronte al duomo della città, ai lati di quello che è chiamato il Volto del Cavallo, dal 1927 sono presenti queste due statue bronzee, opera dello scultore piacentino Giacomo Zilocchi, che si ispirò ai modelli originali quattrocenteschi, precedentemente distrutti (nel 1796), dall'arrivo delle truppe napoleoniche che le fusero per farne dei cannoni.




Gli autori delle originali furono gli scultori fiorentini Antonio di Cristoforo (per la figura del marchese) e Nicolò Baroncelli (per il cavallo). Giovanni Baroncelli iniziò invece quella di Borso, che venne terminata dal cognato Domenico di Paris (anche Niccolò e Giovanni Baroncelli erano padre e figlio).
Quando furono costruite, siamo nel 1451 per quella di Niccolò e 1454 per quella di Borso, non furono poste immediatamente attorno a questo volto, ma la prima, fino al 1472, fu posizionata davanti alla cattedrale, mentre l'altra, nei pressi del palazzo della Ragione (attuale palazzo del Mc Donalds).
(1915 - quando ancora le statue non erano state posizionate)

Una curiosità, è data dalle lastre di marmo che compongono la colonna su cui è posta la statua di Borso.
Quella originaria, causa un incendio, versava in pessime condizioni, così, nel 1719, venne ricomposta utilizzando delle lastre sepolcrali provenienti da vecchi cimiteri ebraici.
Successivamente, nel 1960, durante un ulteriore restauro, vennero saldate definitivamente.


Oltre alle statue del padre e del figlio, a pochi metri di distanza vi è anche quella del nonno, ma di questa ne parleremo la prossima settimana.


Alessandro Polesinanti