Riprendendo per mano il nostro amico podista, ci
lasciamo alle spalle la chiesa di San Paolo e, proprio davanti a noi,
si apre questa fantomatica Via Vaspergolo, dove quest'anno si trova
il Marathon Village.
Questa piccola strada, probabilmente ai più
sconosciuta, può vantare una gloriosa partecipazione letteraria, il
grande scrittore bolognese Riccardo Bacchelli, la menziona nella sua
opera più famosa, “Il Mulino del Po”.
Venendo all'origine del nome, pare derivi da “Valle
a Spergula”, una pianta cariofilacea, una specie di foraggio, che
cresce nei campi, ma che curiosamente non è tipica delle nostre
zone, mentre in alcune parti del ferrarese è possibile trovare una
pianta similare, la “Spergularia”.
In realtà questo vicolo, nei decenni passati, era
più conosciuto, con il nome di “Strada della Racchetta”, in
ricordo di un gioco popolarissimo in città che si svolgeva nel
medioevo nelle zone adiacenti, lo stesso motivo per cui, il palazzo
presente al civico 6, prese lo stesso nome, e si arrivò addirittura,
nel 1771, a porre su un bellissimo altare, all'interno della vicina
chiesa di San Romano, un'immagine di Madonna Addolorata venerata
proprio con il nome di “Madonna della Racchetta”.
…........................................................
Ma ora torniamo dal nostro maratoneta, che, con
pochi passi, è proprio davanti a questo palazzo.
(Palazzo della Racchetta oggi) |
Di origini antichissime, eretto probabilmente
attorno al 1200, da sempre quindi, nel cuore della città, vivendone
tutte le fasi di trasformazione, ma per assurdo, solo in epoca
moderna, assurge agli onori della cronaca, nel 1901 diventa la sede
della prima camera del lavoro di Ferrara.
(Lapide posta sul Palazzo) |
Dopo anni di completo anonimato, grazie all'impegno
del proprietario, Laerte Balboni, il palazzo è risorto ed oggi è
uno splendido contenitore per eventi ed esposizioni, con saloni
impreziositi da caminetti d'epoca, soffitti a cassettoni, dove sono
leggibili gli stemmi delle corporazioni medieovali, e poi ancori
archi, affreschi e tanto altro, a testimonianza dei tanti
insediamenti succedutisi nei secoli.
![]() |
(Interno Palazzo della Racchetta) |
![]() |
(Altro interno Palazzo della Racchetta) |
Probabilmente, in tutta la sua storia quasi
millenaria, questo edificio non immaginava che prima o poi sarebbe
diventato sede di un grande evento sportivo per la città, ma è
anche vero che è uno sport (anche se ora scomparso) a cui deve il
nome e perciò forse.......era nel suo destino.
Ora accompagniamo il nostro amico all'interno.... il
dovere chiama, ma più che una necessità, il ritiro del pettorale
per un atleta è quasi un rito, è il momento in cui entri a far
parte della manifestazione, il momento in cui cominci a sentire
l'adrenalina scorrerti nelle vene.
Fino a qualche attimo prima sei il camminatore della
domenica, quanto hai il tuo pettorale in mano, cominci a sentirti non
un podista, ma un corridore vero, poi se concluderai la tua gara con
il solito distacco abissale dal vincitore, non importa, tu ci sei, tu
partirai al fianco dei primi ed alla fine potrai dire “io c'ero”.
Con la busta contenente il prezioso numero in mano
(perché non lo metti mai subito nel tuo borsone), è di rigore poi,
un giretto tra gli stand dell'expo.
Tra i banchetti del villaggio, la fanno da padrone
le scarpe, da Nike ad Asics, da Mizuno ad Adidas, abbigliamento di
ogni misura e colore, le immancabili novità tra i porta cellulari o
portadocumenti, poi quelli che consideri dei tuoi colleghi, che sono
presenti a pubblicizzare la propria corsa e trovi sempre quella che
ti colpisce e che ti riprometti di fare l'anno dopo. Non manca mai
nemmeno qualche saluto ad altri podisti di cui ricordi la faccia ma
non il nome, ma questo non importa, nello sport siamo tutti amici,
non c'è differenza di censo o bravura, in tuta siamo tutti uguali.
Finito il giro, riposto il numero e gli immancabili
volantini pubblicitari di alcune gare nella borsa, ora la direzione è
l'albergo.
L'impegno sportivo è, molte volte, anche
l'occasione per sfruttare le ore che precedono la competizione, per
visitare una città, per scoprire tanti piccoli tesori che altrimenti
ci resterebbero
ignoti.
Così il nostro atleta, dopo una doccia ristoratrice
eccolo scendere le scale del proprio hotel e dirigersi verso quelli
che da tutti sono riconosciuti, come i tesori della città... il
castello e la cattedrale.
Ma una volta giunto nella piazza, eccolo restare
colpito dalle tante cose che Ferrara offre e non solo i due gioielli
più famosi.
Il primo sguardo eccolo riporsi verso la Torre
dell'Orologio
![]() |
(Torre dell'Orologio oggi) |
Questa è una copia dell'antica Torre della Renga o
dell'Arringa, perché era dal suo balcone che si parlava al popolo,
detta anche della “Massaria”, che crollò nel 1570 a causa del
famigerato terremoto, anche se alcuni autori sostengono che fosse già
in pessime condizioni dal 1533.
Quella che vediamo oggi, venne ricostruita nel 1603
per opera dell'architetto Giovan Battista Aleotti, e non subì
modifiche fino all'unità d'Italia, quando, nella notte del 28
dicembre 1864 venne illuminato per la prima volta l'orologio, in modo
che le ore potessero essere viste in qualsiasi momento della
giornata.
Dopo la Torre, ora sono due statue che colpiscono
l'attenzione del nostro maratoneta, due delle pochissime presenti in
città. Stiamo parlando del Marchese Niccolò III (quello a cavallo)
e del Duca Borso d'Este (quello seduto sul faldistorio),
rispettivamente padre e figlio.
(Niccolò III d'Este - Il padre) |
(Borso d'Este - Il figlio) |
Proprio di fronte al duomo della città, ai lati di
quello che è chiamato il Volto del Cavallo, dal 1927 sono presenti
queste due statue bronzee, opera dello scultore piacentino Giacomo
Zilocchi, che si ispirò ai modelli originali quattrocenteschi,
precedentemente distrutti (nel 1796), dall'arrivo delle truppe
napoleoniche che le fusero per farne dei cannoni.
Gli autori delle originali furono gli scultori
fiorentini Antonio di Cristoforo (per la figura del marchese) e
Nicolò Baroncelli (per il cavallo). Giovanni Baroncelli iniziò
invece quella di Borso, che venne terminata dal cognato Domenico di
Paris (anche Niccolò e Giovanni Baroncelli erano padre e figlio).
Quando furono costruite, siamo nel 1451 per quella
di Niccolò e 1454 per quella di Borso, non furono poste
immediatamente attorno a questo volto, ma la prima, fino al 1472, fu
posizionata davanti alla cattedrale, mentre l'altra, nei pressi del
palazzo della Ragione (attuale palazzo del Mc Donalds).
![]() |
(1915 - quando ancora le statue non erano state posizionate) |
Una curiosità, è data dalle lastre di marmo che
compongono la colonna su cui è posta la statua di Borso.
Quella originaria, causa un incendio, versava in
pessime condizioni, così, nel 1719, venne ricomposta utilizzando
delle lastre sepolcrali provenienti da vecchi cimiteri ebraici.
Successivamente, nel 1960, durante un ulteriore
restauro, vennero saldate definitivamente.
Oltre alle statue del padre e del figlio, a pochi
metri di distanza vi è anche quella del nonno, ma di questa ne
parleremo la prossima settimana.
Alessandro Polesinanti