lunedì 22 dicembre 2014

LA CORRIFERRARA A SPASSO NEL TEMPO 11

11° PUNTATA – IL MIRACOLO E LA BICICLETTA

Abside Santa Maria in Vado
 
Le ho girato attorno da alcune settimane, ho visitato minuziosamente il suo quartiere, ma ora è arrivato il suo momento, dobbiamo andare in Via Borgo Vado n° 3, la Basilica di Santa Maria in Vado è lì.
Prima di lasciare casa è ormai di rigore dare una lettura all'ormai nostro amico “Melchiorri”, per scoprire l'origine del nome della sua strada, di Borgo Vado.
Borgo Vado (o del Guado), perché l'antichissima chiesa e le case del borgo attorno ad essa, erano situate vicino ad un guado su uno dei numerosi canali che attraversavano l'abitato, quando ancora la città era alla destra del fiume Po.
Questa chiesa è, non solo, una delle più antiche della città, (anche se di dimensioni molto più ridotte, le prime sue notizie sono del X secolo), ma è, fin dalla sua costruzione una delle più importanti, in pratica oggi, non è solo una chiesa, ma è un vero e proprio museo.

Lascio San Giorgio, riprendo Porta Romana e ripercorro lo stesso itinerario della scorsa settimana...Museo Schifanoia e S.Maria in Vado sono vicini, molto vicini, come due vecchi amici seduti ad un tavolo, che si guardano mentre il tempo passa, mentre la gente passa, ma loro, sempre fermi ed imponenti a governare il quartiere.

Su via Scandiana, quando ormai si oltrepassa lo Schifanoia, già ti appare l’abside della basilica, pochi metri ancora ed eccoci nel piccolo piazzale della la basilica. 

Piazzale chiesa di S.M. in Vado
 
La sua facciata non si discosta molto dalle tante della città, un rosone centrale, alcune statue che fortunatamente sono state salvate dal terremoto del 2012, ma si caratterizza per il bel portale marmoreo opera dell’artista Andrea Ferreri (dei primi anni del ‘700), ma è all’interno che la chiesa sprigiona tutto il suo splendore.

Portale

Praticamente ovunque volgiamo il nostro sguardo, possiamo ammirare delle opere d’arte. Il soffitto è ricco di opere di Carlo Bononi e passeggiando tra le navate, vi sono gigantesche tele di un altro pittore ferrarese, Domenico Mona, oltre ad opere di Camillo Filippi.

Catino absidale dipinto dal Bononi

Nel 1495, dalle iniziali ridotte dimensioni, fu ampliata su impulso del Duca Ercole I d’Este, con il genio grande Biagio Rossetti, facendole assumere una forma molto particolare, in pratica la sua struttura coincide ad un incrocio tra due chiese indipendenti.
A testimoniare l’importanza di questo luogo di culto per Ferrara sono due altri elementi, uno piuttosto lontano nel tempo, siamo agli albori della città, quando ancora il fiume Po scorreva alla destra della Ferrara medioevale, la chiesa di Santa Maria in Vado, era l’unica che aveva il fonte battesimale, mentre in tempi recenti, nel 1990, questa fu la seconda tappa della visita di Papa Giovanni Paolo II una volta giunto a Ferrara.
Proprio per questa sua forma particolare, sono due gli accessi alla basilica, quello ufficiale su via Borgovado di cui abbiamo parlato ed uno su via Scandiana (ora utilizzato come accesso per i disabili) e proprio su questa porta, una targa della Ferrariae Decus, ricorda un fatto straordinario, ai più poco noto, il Miracolo del Preziosissimo Sangue.

Targa Ferrariae Decus
 
iamo nel 1171, 28 marzo, giorno di Pasqua, e Padre Pietro da Verona, priore dei Canonici Regolari Portuensi, che all’epoca officiavano la chiesa, si trovava a celebrare la messa.
Tutto procedeva nella norma, senonché, al momento del frazionamento dell’ostia consacrata, si sprigionò del sangue che andò ad imbrattare la volta della cappella……….lo stupore fu generale, ma se folla rimase sorpresa ed estasiata, si racconta che Padre Pietro ne uscì terrorizzato.
L’evento varcò i confini nazionali in brevissimo tempo, raggiungendo la Francia, il Galles, l’Irlanda (in pratica tutto il mondo conosciuto di quegli anni).
Le prime testimonianze cartacee dell’evento furono opera di Giraldo Cambrense (storico gallese del medioevo) che nel 1197 ne scrisse nella sua “Gemma ecclesiastica”, mentre solo successivamente, anche il clero italiano ne certificò l’autenticità (prima la bolla del cardinale Migliorati nel 1404 e successivamente Papa Eugenio IV nel 1442).
Questo piccolo grande scrigno di storia un po’ dimenticato, ha rischiato, con il sisma del maggio 2012, di subire un declino rapido ed irreversibile, ma fortunatamente l’impegno di tutti ha contribuito a risollevarne le sorti ed oggi, solamente il chiostro rimane chiuso al pubblico .



Come passare dal sacro al profano.

Da un lato, un luogo che ha più di mille anni e che tutt’ora svolge un ruolo primario nella vita religiosa della città, dall’altro……ma proprio dall’altro lato della strada, ora vi è una piccola casa anonima, all’apparenza e forse anche nella realtà, vuota, ma che anch’essa, se i suoi muri potessero parlare, racconterebbe storie, fatti, persone che, fino ad una ventina di anni fa, hanno girato attorno ad uno dei simboli di Ferrara, la bicicletta, ma in questo caso non di una normale bicicletta, ma solo di uno storico marchio di biciclette da corsa.

Al civico 6 di via Borgo Vado lavorava Bruno Fantini, l’ultimo vero artigiano ferrarese della bicicletta.


Ex Officina Cicli Fantini

 
A Ferrara, Bruno stava alla bicicletta, come Pavarotti alla lirica, Rivera al Milan, Rita Levi Montalcini alla ricerca medica, e così via.
Ora si è persa quella poesia di un tempo, oggi se vuoi una bicicletta da corsa, vai in negozio, ti prendono le misure, ti fanno scegliere il colore tra quei 3 o 4 che sono in produzione e ti ordinano il telaio, che arriverà da….. Taiwan? Stati Uniti? Corea?...quando va bene viene dal Veneto.
Fino ai primi anni ’90, a Ferrara, se volevi un telaio su misura e volevi vederlo nascere, andavi da Fantini…………ti prendeva le misure, ti chiedeva che colore volevi per la tua bici, poi ordinava i tubi, e se “per caso”, qualche tempo dopo, passavi per la sua ….. Officina? Laboratorio? Studio? Ti poteva capitare di veder nascere la tua bicicletta, a parte la verniciatura, tutto veniva fatto lì, in quel piccolo tempio.
E’ anche vero che il buon Bruno era un tipo un po’ spigoloso, e alle volte, la tua fuoriserie la potevi vedere solo finita, ma d'altronde parliamo di un artista, e come tutti i veri artisti, alle volte sfuggono alle regole.
A certificare la bontà dei mezzi che uscivano da quella porta, sono le numerose Fantini che tutt’ora sfrecciano per la nostra provincia, alcune ancora modello corsa, altre riadattate ad ottime biciclette da turismo.
Tra coloro che custodiscono ancora, con maniacale cura, alcune di queste opere d’arte, c’è anche il nostro Andrea “Iron” Roveri, podista da alcuni anni, ma vecchio ciclista.

Fantini da strada

Prototipo Triathlon Fantini
Il ns. Roveri e la sua Fantini

 
Dopo questo salto dal sacro al profano, anche se a Ferrara in realtà la bicicletta è cosa sacra, è arrivato il momento di salutarci, alla prossima settimana.

Alessandro Polesinanti