10° PUNTATA – UN RUDERE, TANTA
STORIA
Corsetta
fatta, doccia fatta, caffè preso, ed ora un po' di relax, prima di
intraprendere il giro turistico settimanale, made in …......
Corriferrara.
Sottofondo
musicale, l'amato divano e libro, il Melchiorri ...... oggi scopriamo
l'origine delle vie Camposabbionario e Scandiana, prima di visitarle.
La prima:
fu chiamata Strada di Campo Sabbionario, perché nei pressi della
via, era presente una cava o deposito di sabbia, che era utilizzata
per sistemare, nei casi di necessità, le strade, in particolar modo
nei mesi invernali o nei periodi piovosi.
La seconda:
il palazzo Schifanoia, qui ubicato, uno dei più importanti palazzi
estensi, ebbe tra i suoi proprietari Marfisa d'Este, la quale, ad un
certo punto, siamo nel 1582, decise di affittarlo a Giulio Tieni
Conte di Scandiano, che qui rimase fino al 1590, e questi pochi anni,
bastarono a cambiare il nome della strada, da Piazza Schifanoia
(piazza perché nel periodo estense, nel tratto tra Via Madama e
Camposabbionario, oltre alla chiesa di S.Maria in Vado e Palazzo
Schifanoia, non c'era nulla ma solo un grande slargo) a Via
Scandiana.
Ora
tutto mi è più chiaro, infilo Nike e giubbotto, prendo Nikon e
posso partire, la decima puntata ha inizio.
Questa
volta lascio la bici in garage, il sole splende, anche se la
temperatura è pungente, quindi parto da casa a piedi.
Attraverso
il Volano sul ponte vecchio di San Giorgio, da qui Porta Romana e Via
Formignana ed eccomi arrivare nei pressi di via Scandiana.
Il
primo colpo d'occhio, arrivando in questo punto, non è dei migliori,
sulla destra, quello che rimane della Caserma Pozzuolo del Friuli, un
grande complesso militare ormai abbandonato da anni e governato ora
da erbacce per non dire altro; quindi a passo svelto, lascio questo
pugno nell'occhio e dopo pochi metri eccomi all'incrocio con Via
Camposabbionario.
Proprio
su questo crocevia c'è l'ex chiesa di Santa Libera.
Museo Civico Lapidario Ex Chiesa S.Libera |
Venne fatta costruire nel
XV secolo, dal Cavalier Antonio Angelici, ed in origine era attigua
al complesso conventuale di Sant'Andrea, oggi scomparso.
Nel 1556, i frati Agostiniani, che reggevano il convento, la cedettero all’Arte dei muratori che provvide a restaurarla ed abbellirla.
Con l’invasione francese del 1796, la chiesa, come tante altre cittadine, fu sconsacrata e, negli anni, adibita a tantissimi usi, tra i più disparati, da magazzino a stalla, laboratorio e infine officina metallurgica fino al 1979, quando l’amministrazione comunale ne decise il recupero e restauro per destinarla definitivamente a museo.
Nel 1556, i frati Agostiniani, che reggevano il convento, la cedettero all’Arte dei muratori che provvide a restaurarla ed abbellirla.
Con l’invasione francese del 1796, la chiesa, come tante altre cittadine, fu sconsacrata e, negli anni, adibita a tantissimi usi, tra i più disparati, da magazzino a stalla, laboratorio e infine officina metallurgica fino al 1979, quando l’amministrazione comunale ne decise il recupero e restauro per destinarla definitivamente a museo.
Oggi è ben difficile
trovare un ferrarese che conosca l'ubicazione dell'ex Chiesa di Santa
Libera, per tutti, oggi, è il Museo del Civico Lapidario.
Al suo interno è
possibile vedere una collezione di marmi romani, prevalentemente di
artigianato funerario, provenienti da tutto il territorio ferrarese;
vi sono steli e sarcofagi di cui, il più prestigioso, è quello
degli Aurelii.
Ora proseguo per
Camposabbionario, bastano pochi passi per arrivare ad un rudere,
anche se in questo caso, le colpe delle amministrazioni pubbliche
sono meno pesanti.
Ex Chiesa di S.Andrea |
Proprio a lato della
Scuola Media “Dante Alighieri”, all'interno di una recinzione, vi
è quel che resta di una grande costruzione, di cui non è facile
capirne le antiche forme, ma fortunatamente vi è ancora una targa
apposta dalla Ferrariae Decus, siamo davanti a quel che resta
dell'antica chiesa di Sant'Andrea.
Targa della Ferrariae Decus |
Ormai questo rimane uno
degli ultimi ricordi tangibili del secondo conflitto mondiale, ma
mentre nel caso della chiesa di San Benedetto (che aveva avuto la
medesima sorte) si è provveduto a ricostruirla, per Sant'Andrea
invece, non si è fatto nulla, ed anzi, parte dell'area su cui era
costruita è stata utilizzata per la costruzione della scuola media
precedentemente menzionata, in modo tale, che ora non è nemmeno
possibile immaginarne le vecchie forme.
Credo comunque valga la
pena ripercorrerne la storia, perché parliamo di quello che fu uno
dei principali luoghi di culto dell'intera storia ferrarese.
Le prime tracce risalgono
all'anno mille, mentre è dal 1256 che vi si insediarono i frati
agostiniani per volere di Azzo VII d'Este.
Nel 1338, venne ampliata
e portata a tre navate, poi, un susseguirsi di artisti del tempo, fra
cui lo Scarsellino, il Bononi, il Garofolo, Giuseppe Mazzuoli (meglio
conosciuto come il “Bastarolo”, che qui venne anche sepolto) e
tanti altri minori concorsero, con le loro opere, ad abbellirne ogni
spazio.
Una curiosità che
riportano le cronache dell'epoca, è legata proprio ad una di queste
opere, il soffitto era dipinto con emblemi e stemmi di S.Agostino,
immersi in nuvoloni con lampi e fulmini, mentre il nostro Duomo aveva
il soffitto dipinto di azzurro con stelle d'oro lucenti, così quando
si chiedeva quali erano le condizioni atmosferiche del tempo, pare
che i più burloni dicessero: “sereno in duomo e sempre brutto in
S.Andrea”.
Da ricordare infine, che
al suo interno, vennero tra gli altri, tumulati personaggi del
calibro di Biagio Rossetti, Alberto Schiatti, Giovan Battista Aleotti
oltre al già citato Mazzuoli.
Fortunatamente, durante
gli ultimi crolli e demolizioni, parte degli affreschi sono stati
salvati e portati nella Pinacoteca cittadina, mentre il coro ligneo è
quello ora ubicato in San Cristoforo della Certosa.
Ed ora, andiamo in Via
Scandiana, verso il Museo Schifanoia.
Siamo nel 1385, quando
viene posta la prima pietra (lo stesso anno del nostro castello),
sotto la spinta di Alberto V d'Este (colui che possiamo vedere sulla
facciata del duomo) e questo palazzo è l'ultima testimonianza di
dimora (un tempo definite “delizie”), entro le mura cittadine,
destinata a rappresentanza della casa D'Este.
Museo Schifanoia |
Inizialmente il palazzo
era ad un solo piano e lungo 32 mt, poi nel 1391, viene ampliato;
diventa di 64 mt e viene costruito un piano superiore. Ma il suo anno
magico è il 1465, quando Borso d'Este, decide un ulteriore
ampliamento (la costruzione di un piano nobile per degli appartamenti
ducali) ma specialmente fece nascere quello che oggi conosciamo come
“Salone dei Mesi”, chiamando i principali pittori dell'officina
ferrarese, come Ercole de Roberti e Francesco del Cossa, e facendo
affrescare un intero salone, celebrando la propria casata in chiave
astrologica e mitologica.
Venne poi costruito
l'imponente portale per opera degli artisti Ambrogio di Giacomo di
Milano e Antonio di Gregorio.
Portale Museo Schifanoia |
Lo splendore del palazzo
continua anche dopo il Duca Borso, ma è con la caduta degli Estensi
(1598) che il declino arriva.
Il palazzo comincia a
passare di affitto in affitto, toccando momenti molto bui.
Addirittura, quando la gestione arriva al marchese Annibale Romei, se
ne disinteressa totalmente e viene occupato da varie famiglie
(definite dalle cronache dell'epoca, “gentaglia”) che si
spartiscono i locali.
Nel 1703, la proprietà
passa alla famiglia Tassoni, la quale comincia a modificarne la
struttura; vengono demolite la loggia e la scala con cui,
dall'esterno, si poteva giungere direttamente al salone dei mesi.
Quando il palazzo viene
dato in affitto ad una Manifattura Tabacchi, lo scempio è completo,
visto che si provvide ad intonacare di bianco tutte le pareti,
coprendo tutti gli affreschi.
Con l'arrivo dei
francesi, infine l'edificio è confiscato e ceduto al concittadino
Giacomo Mayol.
Sarà solo a partire
dagli 20 del '800, che rinasce in città, la voglia di riscoprire gli
antichi fasti di questa ex Delizia Estense.
Per poi arrivare, nel
novembre del 1898, al completo recupero ed alla definitiva
destinazione a Civico Museo.
A due passi ci sarebbe
ora da visitare la splendida basilica di Santa Maria in Vado, ma
vista l'ora, meglio un aperitivo e la visita alla Basilica sarà per
una prossima volta.
Alessandro
Polesinanti