lunedì 29 dicembre 2014

LA CORRIFERRARA A SPASSO NEL TEMPO 12

12° PUNTATA – FERRARA ED IL JOLLY

S.Teresa Trasverberata
 
Riprendo il cammino della settimana appena trascorsa, e dopo un metaforico saluto, allo splendido complesso di S.Maria in Vado, mi incammino per via Borgovado.
Essere in questa strada, come in altre del quartiere, è come entrare in un'altra città, il baccano di Corso Giovecca è lontano anni luce, qui ci immergiamo nella quiete più totale, e poco importa la giornata in cui siamo, che sia lunedì o domenica, un martedì od una giornata festiva, qui sono praticamente la stessa cosa, solo qualche gatto, o qualche bicicletta, sono gli unici amici che possiamo incontrare, anche le auto sono cosa rara, queste non sono di certo strade per mezzi di grosse dimensioni, insomma, anche se poco reclamizzate, siamo nella zona migliore dove passeggiare, guardare, e perdersi nel tempo.
 
Dopo pochi passi incrociamo Via Brasavola, e proprio sul crocevia si erge, anche se ormai completamente nascosta tra le tante case del quartiere, il monastero di clausura delle carmelitane scalze con la relativa chiesa, dove si venera il culto di Santa Teresa Trasverberata.

 
Questo è un piccolo edificio religioso che spesso non risulta neppure inserito nelle guide illustrate della città, anche se riveste notevole interesse.
Su disegno dell'architetto Giulio Barbieri, venne costruita a partire dal 1781 e nel 1788, anno in cui fu aperta, dedicata alla Trasverberazione del Cuore di Santa Teresa di Gesù, fondatrice delle carmelitane scalze.
La chiesa è a pianta circolare, sulla quale s'innesta una cupola.
Al suo interno sono da segnalare due dipinti attribuiti al pittore e restauratore ferrarese Francesco Pellegrini (1707-1799).
A partire dal 1923, la chiesa venne sottoposta ad opere di manutenzione ed abbellita, con una serie di decorazioni dell'artista ferrarese Augusto Pagliarini (1872-1960), mentre nel 1939 fu sostituito l'antico altare maggiore in muratura con quello attuale in marmo bianco.
Per quanto riguarda l'annesso monastero, le prime notizie risalgono al 1739 quando cinque giovani donne, con l'aiuto dei Padri Carmelitani scalzi del convento di S. Girolamo, si riuniscono dapprima in una casa in via Borgovado, costituendo una piccola comunità di carmelitane scalze; a questa prima abitazione presto se ne aggiunsero altre tre, poi riunite e sistemate finalmente a convento.
Nel 1821, dopo le soppressioni napoleoniche, le monache riprendono vita regolare, ma il primitivo monastero viene in parte demolito e parzialmente inglobato in una nuova costruzione, quale si presenta tuttora, che comprende, oltre al fabbricato principale, due giardini e un ampio orto, con un alto muro di cinta.
Ancora oggi, le poche monache rimaste, vivono nella preghiera all'interno dell'area claustrale.

Ed ora diamo uno sguardo su via Brasavola, strada intitolata ad un antico e nobile casato ferrarese, appunto quello dei Brasavola.
Questa antica famiglia, tra le più importanti ed influenti nel periodo estense, annovera tra i suoi avi
il Beato Donato Brasavola, il Vescovo Giovanni Ireneo Brasavola, ma specialmente il medico Antonio Brasavola detto il Musa (1500-1555), che contribuì a rendere l'Università di Ferrara il principale centro europeo di studi botanici e naturalistici.
La via è piuttosto corta e al suo interno sono due le cose degne di nota.
Al civico 32, un palazzo dall'aspetto signorile e di notevoli forme, merita qualche parola.

Palazzo Turchi Fiaschi

Stiamo parlando di Palazzo Turchi Fiaschi, che venne eretto nel XVI secolo dal Conte Ippolito Turchi, e successivamente appartenne sempre a nobili famiglie a testimoniarne l'imponenza, come i principi Pio di Savoia, i marchesi Dalla Penna, i marchesi Rondinelli ed i marchesi Fiaschi.
Oggi è uno stabile privato, ma sperando nella buona sorte, se vi capita di passarci davanti, e avete la fortuna di trovare la porta aperta, fermatevi qualche secondo, vi apparirà uno splendido cortile con innumerevoli archi.
Di fronte a questo complesso, in corrispondenza di una porta d'ingresso (civico 39), vi è una
statuetta in cotto, rappresentante San Giorgio Crociato, che ricorda molto da vicino il Santo scolpito da Donatello, ora al Museo Nazionale del Bargello di Firenze.


 
Anche questa abitazione ha secoli di storia, nei primi anni del '400, vi sorgeva l'oratorio di San Ludovico, chiuso alla fine del '700 e trasformato, nel XIX secolo in scuola elementare, infine, dal 1918 divenne abitazione privata.
Nel 1964 ne divenne proprietario l'industriale Giulio Colombani, il quale dilettandosi di scultura, volle realizzare e poi apporre quella statua.
Ai più, o meglio, ai più giovani, il nome di Colombani dice poco o nulla, ma chi come me ha superato la quarantina, il nome Colombani è parte dell'infanzia.
Ora vai al supermercato, ti dirigi al reparto delle bevande e se vuoi dei succhi di frutta non hai che l'imbarazzo della scelta, sia come gusti, dai classici agli esotici, sia come marche, dell'industria italiana o straniera o della stessa grande distribuzione, fino ai primi anni 80 invece, la voce grossa sullo scaffale italiano era fatta dalla “Jolly Colombani” di Portomaggiore, provincia di Ferrara.
Due righe, questo personaggio, credo le meriti, anche perché sono uno spaccato di un periodo italiano, dove, quando avevi delle valide idee, un po' di audacia (un po' di fortuna è scontata, ma quella serve sempre ed ovunque ed in ogni tempo), potevi dare una svolta in positivo alla tua vita e creare qualcosa di rilevante.
Giulio Colombani nasce a Portomaggiore il 13 dicembre del 1900, diplomato Perito Industriale, dopo qualche tempo come dipendete della SADE (una delle più grandi aziende elettriche dell'epoca), decide di affiancare il padre, nella produzione di marmellate.
L'azienda, a conduzione familiare, comincia a farsi notare quando viene creata una marmellata di frutta mista denominata “Uvador” e il laboratorio, da artigianale, viene a trasformarsi in un vero e proprio stabilimento industriale che comincia a dar lavoro a molto abitanti del paese.
Poi il secondo conflitto mondiale ne sancisce la resa, venendo praticamente raso al suolo dai bombardamenti alleati.
Probabilmente un fatto del genere oggi ne avrebbe decretato la morte definitiva, ma all'epoca del Colombani, gli uomini erano diversi, la burocrazia era diversa, era tutto un altro mondo, anche se a 
guardarci bene, solo settant'anni sono passati.
Senza perdersi d'animo, il Colombani riapre lo stabilimento nell'immediata periferia di Portomaggiore, installandosi negli edifici di una ex fabbrica conserviera della S.F.R.
Nel 1947 si gettò anche nella lavorazione della barbabietola da zucchero, aprendo uno stabilimento che successivamente cedette all'Eridania.
Dall'immediato dopoguerra e fino agli anni '60 fu un crescendo continuo dell'uomo e della sua industria, a tal punto che i suoi prodotti alimentari invasero tutto il territorio nazionale, in primis i succhi di frutta, la cui produzione iniziò nel 1952, e compariva sul mercato con il marchio “Jolly Colombani”.


 
Nel 1962 il Colombani decise di vendere la propria creatura all'Ente Delta Padano, e nascerà così la “Stabilimenti Riuniti Colombani Pomposa S.c.ar.l.”, con ben tre stabilimenti, due a Portomaggiore ed uno a Codigoro, ma da questo momento avrà inizio un lento graduale declino di quella che fu una delle glorie industriali della nostra provincia.
Il Commendatore Giulio Colombani ci lascerà nel 1972, ma a testimoniare la levatura di certi personaggi, lasciò in beneficenza parte del proprio patrimonio immobiliare, che favorì la Parrocchia portuense nella creazione di un Centro per la terza età, ed il Comune nell'allestimento di un parco pubblico, entrambi oggi a lui intitolati.

 
Alla prossima.

Alessandro Polesinanti