martedì 2 dicembre 2014

LA CORRIFERRARA A SPASSO NEL TEMPO 8

8° PUNTATA – FINALMENTE IL CIOCCOLATO ARRIVA

Monastero del Corpus Domini

Una settimana è trascorsa, e, come mi ero ripromesso, riparto alla scoperta della nostra città, partendo dal punto dove avevo terminato la scorsa settimana.
Con la mia “spiciula” (per i non ferraresi, la “bicicletta”) ritorno all'Oratorio dell'Annunziata e, dopo qualche secondo di meditazione, Corpus Domini o Santa Maria in Vado, Santa Maria in Vado o Corpus Domini……. opto per il monastero, Santa Maria in Vado sarà meta di un prossimo giro.
Munito come sempre della mia Nikon e del Melchiorri (avendo la fissa dell’origine del nome delle vie, questo testo, è la mia bibbia), prima di dirigermi verso il Monastero, piccola sosta bar, dove, davanti ad un fumante e caldo caffè ed una fragrante ricciola, leggo alcune righe sulle probabili origini dei nomi delle vie che, da qui a poco, calpesterò: Via Pergolato, Via Campofranco, Via Praisolo e Via Savonarola, chiaramente di quest’ultima l’origine è evidente, quindi vado diretto sulle altre.
Praisolo, pare derivi da Pra-Isola, cioè “posto isolato”, “posto appartato”, era la zona dove la gioventù del medioevo, si esercitava nelle arti del pugilato e della scherma, ed ogni anno, il 22 luglio, si svolgeva la “Battagliola”, una finta zuffa tra due opposte fazioni di ragazzi, che combattevano scagliandosi frutta e torsoli con le frombole (una sorta di fionda); questa festa durò più di due secoli, finché Alfonso II d’Este (quinto ed ultimo Duca di Ferrara) non la vietò, perché più gli anni passavano, questa finta lotta diventava sempre meno finta e sempre più vera, a tal punto che i torsoli venivano sostituiti da sassi e le frombole da bastoni.
Il nome Campofranco trae origine dalla concessione fatta, nel 1360, dal Marchese Aldobrandino d’Este, di una zona nei pressi della città (tutta quella compresa dalle tre strade), dove potersi battere a duello, esenti da pena. 
 
Via Campofranco
 
Infine Pergolato, che prende il nome da una serie di pergolati o pergole che erano presenti numerosi in zona.
Bene, lettura finita, caffè terminato, della ricciola nemmeno le briciole, in realtà ci starebbe ancora un bel cannoncino, ma meglio alzarsi e pagare, altrimenti la bilancia!!!! 
 
Lasciandomi alle spalle l’Oratorio, mi dirigo verso il centro, Via Pergolato appare sulla destra…. Inizia come una delle tante strette viuzze del centro, ma dopo pochi metri si apre, sulla sinistra il Monastero del Corpus Domini e sulla destra la Chiesa di San Girolamo. 

 
Monastero del Corpus Domini
Attualmente il Monastero delle monache Clarisse, occupa una piccola parte rispetto alle dimensioni iniziali (la sua area originaria corrispondeva praticamente a tutto il quadrato tra Pergolato, Campofranco, Praisolo e Savonarola, mentre oggi, su Via Savonarola e parte di Pergolato, l’area è occupata da una scuola media superiore), ma conserva una valenza storica ancora intatta.
Fu fondato nel 1406 da una certa Bernardina Strozzi, e fin dall’inizio godé della protezione degli Estensi, ma il personaggio legato maggiormente al monastero è Caterina Vegri, dichiarata Santa nel 1712, che qui fece la sua professione di fede dal 1432 al 1456, quando lasciò Ferrara per Bologna per costituire un nuovo convento.
Le monache Clarisse di questo convento, sono considerate anche, le creatrici del dolce tipico ferrarese, il Pampepato. Indicativamente la sua nascita, viene fatta risalire tra il 1500 e 1600, ma le teorie sono varie, alcuni addirittura, anche al XII secolo. Di certo è loro la paternità della forma del dolce, che pare rievochi i copricapi dei prelati, da qui il nome “Pan del Papa” e da qui “Pampepato o Pampapato”. Il dolce come è oggi però, lo dobbiamo alla creatività di un pasticcere di origini milanesi, Guido Ghezzi, che, dopo aver appreso l'arte di lavorare il cioccolato in Svizzera, nel 1902, riesuma una antica ricetta del pampepato e decide di modificarla con l'aggiunta del cacao (al tempo degli Estensi non era conosciuto), a lui dobbiamo quella copertura di circa 4 millimetri di spessore di cioccolato che oggi, ogni pampepato ha; prima la copertura era fatta con i “diavulin”, piccoli confettini di zucchero colorato.
Fu così grande il successo di questo nuovo pampepato che, con il passare degli anni, il Ghezzi trasformò il suo laboratorio, in una piccola fabbrica di dolci, chiamandola “F.I.S.”, Fabbrica Italo Svizzera
Pampepato Fis dal 1902


A chiusura di queste “dolci righe”, le religiose, quando interpellate sull'argomento, non hanno confermato la tesi sulla loro paternità del dolce, in quanto oggi, nel convento, non esiste nessuna testimonianza che confermi questa storia.
Sulla Via Campofranco invece, vi è la chiesa del convento. La curiosità di questa strada è che, a parte la porta di una autorimessa, la chiesa è l’unico stabile che ha una porta di accesso sulla strada.
La chiesa, anche se di dimensioni limitate, è a mio modesto avviso, una delle più belle di Ferrara. Completamente affrescata, ora dall’aspetto barocco, ha al suo interno opere del Ghedini, dello Scarsellino e del Cignaroli. Della costruzione originaria ha ben poco, in quanto negli anni ha subito vari rifacimenti, in particolar modo ai primi del ‘700 a causa di un grande incendio nel 1665. 
 
Chiesa del Monastero


Oggi il convento è ricordato in città, perché è per definizione il luogo delle tombe degli Estensi. In realtà, nell’ambiente denominato Coro delle Clarisse, vi sono le lapidi sepolcrali di alcuni importanti personaggi di casa D’Este, come ad esempio Ercole I e della moglie Eleonora d’Aragona, Ercole II, Sigismondo d’Este (colui che abitava nel Palazzo dei Diamanti) e pure di Lucrezia Borgia. I resti di altri Estensi sono raccolti in sotto un’unica piccola lapide, portati dalla chiesa (ora scomparsa) di Santa Maria degli Angeli. 



 
Ora ci starebbe un salto in San Girolamo, ma la chiesa la vedo già chiusa, tutto mi dice che ormai è l'ora del pranzo.... meglio tornare alla bici allora, ed un altro pezzetto di storia della nostra Ferrara anche oggi l'abbiamo riletta.
Alla prossima settimana, con un altro giro, con un'altra meta.


Alessandro Polesinanti