Oggi
ultima tappa in Via Savonarola, dove, qualche altra parola è giusto
spendere.
Partiamo
dal civico 28-30.
Quella
che per tutti oggi è il Museo di Casa Romei, nasce come ricca
abitazione di un mercante, a metà del 1400, il suo nome era Giovanni
Romei.
Casa Romei |
Esponente
di una nobile e ricca famiglia della Ferrara medioevale, Giovanni
(nato nel 1402), seguendo l'attività di famiglia, diventa mercante
ma, al contrario dei suoi avi, va oltre, per diventare anche
banchiere ed un abile uomo d'affari e nella vita sociale.
Nel
1462 è nominato ambasciatore estense presso la Santa Sede, con Papa
Pio II Piccolomini e diventerà fattore generale per il Duca Borso
d'Este, di cui in seconde nozze, sposerà una sua giovane nipote,
Polissena.
La
casa, museo dal 1953, dove ora sono raccolti affreschi staccati,
statue e lapidari, provenienti da edifici cittadini, ricorda la
versione originale solo nella parte a piano terra perché, alla morte
del Romei, la casa, per lascito testamentario entra a far parte del
monastero del Corpus Domini, ed il
piano
superiore verrà completamente rivoluzionato per ricavarne alcuni
appartamenti per i ritiri temporanei dei cardinali Ippolito II e
Luigi d'Este.
La
dimora Romei rimase nelle proprietà del monastero fino al 1872,
quando gli venne tolto per essere utilizzata quale ricovero dei
profughi delle inondazioni del Reno.
Dieci
anni più tardi divenne di proprietà del Demanio, quindi del
Ministero della Pubblica Istruzione, che nel 1910, provvide
fortunatamente ad un importante restauro.
Ad
oggi, questa casa, rimane nella nostra città, l'unico esempio di
dimora signorile a partire dalla seconda metà del 1400.
Ora
attraversiamo la strada, al civico 9, un enorme palazzo bianco si
affaccia sulla strada, da anni è la sede delle segreterie delle
varie facoltà universitarie di Ferrara, ma è nello stesso tempo il
Palazzo di Renata di Francia, il Palazzo di San Francesco (prendendo
il nome da quello originario della via) e Palazzo Pareschi.
Palazzo Pareschi
Costruito
tra il 1437 e 1475, fu inizialmente uno dei tanti palazzi della
famiglia Estense (commissionato da Ercole I a Pietro Benvenuto degli
Ordini e Biagio Rossetti), assurge agli onori della cronaca quando,
Ercole II, fa qui confinare la moglie Renata di Francia, dopo che
questa abbraccia la fede Calvinista provocando enorme imbarazzo a
corte.
Col
tempo il palazzo passa di proprietà con una certa frequenza, dai
marchesi Tassoni al principe Ferrante d'Este, dai Cardinali Ippolito
II e Luigi ai conti Gualengo, dai conti Malvezzi ai marchesi Varano
ed ai marchesi Gavassini, e questi continui passaggi di proprietà
saranno la causa della sua totale trasformazione.
Tracce
della trasformazione del Palazzo, cenni di antiche merlature
|
Alla
metà del XIX secolo, ecco l'arrivo dei Pareschi.
Oggi
con questo nome, la prima cosa che ricordiamo è sicuramente il
piccolo parco che si apre in Corso Giovecca, ma nel momento in cui
questa famiglia acquisisce la proprietà del palazzo, l'attuale parco
era solamente l'orto di casa, ma sarà proprio con il loro avvento
che questo terreno viene riportato all'iniziale destinazione di
giardino.
Dopo
i Pareschi eccoci arrivare all'ultimo proprietario, il Conte Vittorio
Cini che, nel 1942, decide di donarlo al Comune di Ferrara che, a
partire dal 1959, lo destinerà a sede universitaria.
Ora
velocemente andiamo nei pressi dell'incrocio tra Via Savonarola e Via
Vecchie.
Qui
campeggia una grande lapide, e finalmente una di quelle ancora
leggibili e chiare, qui posta a ricordo del luogo quale primo
laboratorio, primo atelier, di uno dei grandi di Ferrara, vissuto tra
l'otto ed il primo '900, stiamo parlando della casa natale di un
grande pittore, Giovanni Boldini.
Giovanni,
ottavo di tredici figli, nasce nella nostra città il 31 dicembre del
1842.
Casa del Boldini |
Figlio
di Benvenuta Caleffi, donna di buona famiglia ferrarese, e di Antonio
Boldini, pittore e restauratore di origini umbre (di Spoleto), si
dedica alla pittura ed al disegno fin da piccolo, quasi costretto dal
fatto che nasce di costituzione così gracile (a tal punto da venire
esonero dal servizio militare perché troppo “piccolo”, solo
1,54mt contro la soglia minima di 1,55mt) che a fatica riesce a stare
in piedi, così il padre, vedendolo quasi sempre seduto, lo avvia al
disegno.
A
vent’anni, dopo aver ereditato una piccola somma da uno zio
canonico, parte per Firenze, a studiare all’Accademia.
Il
ragazzo, oltre alla pittura, amava molto la mondanità e la
ricchezza, così cominciano i primi viaggi a Parigi e Londra, e se,
dopo la conoscenza con i principali pittori del periodo (Degas, Manet
e Corot) ritiene Londra la sua città di adozione (dove arriva nel
1870), alla fine, giunto a Parigi per un viaggio nel 1871, ci abiterà
per sessant’anni.
Famosi
diventano i suo quadri con al centro la donna, in ogni sua
sfaccettatura, tanto che venne gratificato con appellativi come
“pittore d’alcova”, “artista libertino”, o come disse Degas
“Diable d’un italien”.
Nel
1904 chiede in sposa da Londra, all’amico pittore Cristiano Banti,
la figlia Alaide, ma, anche per la contrarietà del Banti, non si
realizzò.
Le
opere di Boldini, negli anni, saranno esposte nelle principali città
europee ed americane venendo chiamato spessissimo a casa delle
principali famiglie nobili dell’epoca, per compiere ritratti.
Nel
settembre del 1926 incontra una giovane giornalista della Gazzetta
del Popolo di Torino, Emilia Cardona, per una intervista, e tre anni
dopo convoleranno a nozze, lei trentenne, lui 87.
L’11
gennaio 1931, dopo aver compiuto da poco 89 anni, per il
riacutizzarsi di una polmonite, moriva a Parigi, nella sua Casa Rossa
di Boulevard Berthier 41, ma le sue spoglie verranno trasferite a
Ferrara, nella Certosa, accanto agli altri membri della famiglia.
Alla prossima.
Alessandro
Polesinanti