martedì 5 maggio 2015

A CORRIFERRARA A SPASSO NEL TEMPO 27

27° PUNTATA – DA RENATA AI GIOVANNI

Oggi ultima tappa in Via Savonarola, dove, qualche altra parola è giusto spendere.
Partiamo dal civico 28-30.
Quella che per tutti oggi è il Museo di Casa Romei, nasce come ricca abitazione di un mercante, a metà del 1400, il suo nome era Giovanni Romei.

Casa Romei
 
Esponente di una nobile e ricca famiglia della Ferrara medioevale, Giovanni (nato nel 1402), seguendo l'attività di famiglia, diventa mercante ma, al contrario dei suoi avi, va oltre, per diventare anche banchiere ed un abile uomo d'affari e nella vita sociale.
Nel 1462 è nominato ambasciatore estense presso la Santa Sede, con Papa Pio II Piccolomini e diventerà fattore generale per il Duca Borso d'Este, di cui in seconde nozze, sposerà una sua giovane nipote, Polissena.
La casa, museo dal 1953, dove ora sono raccolti affreschi staccati, statue e lapidari, provenienti da edifici cittadini, ricorda la versione originale solo nella parte a piano terra perché, alla morte del Romei, la casa, per lascito testamentario entra a far parte del monastero del Corpus Domini, ed il
piano superiore verrà completamente rivoluzionato per ricavarne alcuni appartamenti per i ritiri temporanei dei cardinali Ippolito II e Luigi d'Este.
La dimora Romei rimase nelle proprietà del monastero fino al 1872, quando gli venne tolto per essere utilizzata quale ricovero dei profughi delle inondazioni del Reno.
Dieci anni più tardi divenne di proprietà del Demanio, quindi del Ministero della Pubblica Istruzione, che nel 1910, provvide fortunatamente ad un importante restauro.
Ad oggi, questa casa, rimane nella nostra città, l'unico esempio di dimora signorile a partire dalla seconda metà del 1400.
Ora attraversiamo la strada, al civico 9, un enorme palazzo bianco si affaccia sulla strada, da anni è la sede delle segreterie delle varie facoltà universitarie di Ferrara, ma è nello stesso tempo il Palazzo di Renata di Francia, il Palazzo di San Francesco (prendendo il nome da quello originario della via) e Palazzo Pareschi. 

Palazzo Pareschi


Costruito tra il 1437 e 1475, fu inizialmente uno dei tanti palazzi della famiglia Estense (commissionato da Ercole I a Pietro Benvenuto degli Ordini e Biagio Rossetti), assurge agli onori della cronaca quando, Ercole II, fa qui confinare la moglie Renata di Francia, dopo che questa abbraccia la fede Calvinista provocando enorme imbarazzo a corte.
Col tempo il palazzo passa di proprietà con una certa frequenza, dai marchesi Tassoni al principe Ferrante d'Este, dai Cardinali Ippolito II e Luigi ai conti Gualengo, dai conti Malvezzi ai marchesi Varano ed ai marchesi Gavassini, e questi continui passaggi di proprietà saranno la causa della sua totale trasformazione.

Tracce della trasformazione del Palazzo, cenni di antiche merlature

Alla metà del XIX secolo, ecco l'arrivo dei Pareschi.
Oggi con questo nome, la prima cosa che ricordiamo è sicuramente il piccolo parco che si apre in Corso Giovecca, ma nel momento in cui questa famiglia acquisisce la proprietà del palazzo, l'attuale parco era solamente l'orto di casa, ma sarà proprio con il loro avvento che questo terreno viene riportato all'iniziale destinazione di giardino.
Dopo i Pareschi eccoci arrivare all'ultimo proprietario, il Conte Vittorio Cini che, nel 1942, decide di donarlo al Comune di Ferrara che, a partire dal 1959, lo destinerà a sede universitaria.

Ora velocemente andiamo nei pressi dell'incrocio tra Via Savonarola e Via Vecchie.
Qui campeggia una grande lapide, e finalmente una di quelle ancora leggibili e chiare, qui posta a ricordo del luogo quale primo laboratorio, primo atelier, di uno dei grandi di Ferrara, vissuto tra l'otto ed il primo '900, stiamo parlando della casa natale di un grande pittore, Giovanni Boldini.

Giovanni, ottavo di tredici figli, nasce nella nostra città il 31 dicembre del 1842.


Casa del Boldini

Figlio di Benvenuta Caleffi, donna di buona famiglia ferrarese, e di Antonio Boldini, pittore e restauratore di origini umbre (di Spoleto), si dedica alla pittura ed al disegno fin da piccolo, quasi costretto dal fatto che nasce di costituzione così gracile (a tal punto da venire esonero dal servizio militare perché troppo “piccolo”, solo 1,54mt contro la soglia minima di 1,55mt) che a fatica riesce a stare in piedi, così il padre, vedendolo quasi sempre seduto, lo avvia al disegno.
A vent’anni, dopo aver ereditato una piccola somma da uno zio canonico, parte per Firenze, a studiare all’Accademia.
Il ragazzo, oltre alla pittura, amava molto la mondanità e la ricchezza, così cominciano i primi viaggi a Parigi e Londra, e se, dopo la conoscenza con i principali pittori del periodo (Degas, Manet e Corot) ritiene Londra la sua città di adozione (dove arriva nel 1870), alla fine, giunto a Parigi per un viaggio nel 1871, ci abiterà per sessant’anni.
Famosi diventano i suo quadri con al centro la donna, in ogni sua sfaccettatura, tanto che venne gratificato con appellativi come “pittore d’alcova”, “artista libertino”, o come disse Degas “Diable d’un italien”.
Nel 1904 chiede in sposa da Londra, all’amico pittore Cristiano Banti, la figlia Alaide, ma, anche per la contrarietà del Banti, non si realizzò.
Le opere di Boldini, negli anni, saranno esposte nelle principali città europee ed americane venendo chiamato spessissimo a casa delle principali famiglie nobili dell’epoca, per compiere ritratti.
Nel settembre del 1926 incontra una giovane giornalista della Gazzetta del Popolo di Torino, Emilia Cardona, per una intervista, e tre anni dopo convoleranno a nozze, lei trentenne, lui 87.
L’11 gennaio 1931, dopo aver compiuto da poco 89 anni, per il riacutizzarsi di una polmonite, moriva a Parigi, nella sua Casa Rossa di Boulevard Berthier 41, ma le sue spoglie verranno trasferite a Ferrara, nella Certosa, accanto agli altri membri della famiglia.

 
Tomba del Boldini
 

Alla prossima.

Alessandro Polesinanti