Trail di San Martino: dove la fatica diventa poesia
C’è un momento, appena prima del via, in cui il respiro del bosco sembra fondersi con quello dei corridori. È mattina presto a Carbonara di Rovolon, e il cielo dei Colli Euganei ha quel colore
che solo novembre sa regalare: un grigio tenue, che profuma di pioggia e di foglie bagnate. Il Trail di San Martino non è una gara qualsiasi.
È una di quelle corse che senti nella pelle, negli occhi, nel cuore. 17 chilometri, 900 metri di dislivello, una lunga carezza a tratti ruvida, a tratti dolce tra castagni, corbezzoli e silenzi.
Il bosco si apre, e i passi diventano tamburi. Le prime salite bruciano: 500 metri di dislivello nei primi 4,5 chilometri che piegano le gambe ma accendono l’anima. Il fiato corto, il battito forte. La terra che scivola sotto le scarpe. Eppure, c’è una leggerezza inspiegabile: come se ogni sforzo fosse un ritorno a casa.
“Correre nel Parco dei Colli Euganei è un po’ come tornare a casa, su sentieri conosciuti” dice Renato Finco,
il viso arrossato, il sorriso ancora vibrante di adrenalina. “Tra i castagni e i corbezzoli multicolore, Gara tosta con un D+ 500m nei primi 4.5 km che ha scaldato i muscoli adrenalina a mille, emozionato quasi come a un concerto degli AC DC , sempre meraviglioso.”
E in effetti, c’è qualcosa di rock in questa corsa: le salite che bruciano, il sudore che scende, la fatica che vibra nel petto come una chitarra elettrica. Ma c’è anche dolcezza , quella dei panorami che si aprono all’improvviso, dei sorrisi scambiati tra sconosciuti, del silenzio del bosco dopo il traguardo.
Nel Parco dei Colli Euganei la fatica diventa poesia, e chi corre lascia dietro di sé una scia invisibile fatta di terra, sudore e gratitudine. Perché ci sono luoghi che non si attraversano soltanto: ti attraversano loro.





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