🌿 Il Canto del Cinghiale
Palazzuolo sul Senio, 31 ottobre – 1 novembre 2025
C’è un silenzio particolare, prima che tutto cominci.
Un silenzio che non è assenza di suono, ma attesa: quella che precede i passi degli uomini e delle donne che scelgono di misurarsi con la montagna, non per sfidarla, ma per ascoltarla.
Così è stato a Palazzuolo sul Senio, dove il Trail del Cinghiale ha accolto i suoi protagonisti come un antico rito di fatica e di verità.
Il bosco, intriso d’autunno, si è fatto testimone delle imprese degli atleti Corriferrara, ciascuno immerso nel proprio cammino, cento, sessanta, quarantacinque, trentacinque, venti chilometri di terra, fango e cielo.
Non una corsa, ma una lenta conversazione con la natura e con sé stessi.
🏔 Ion Coban – il ritorno dell’eroe silenzioso 
Sulla 100 km ,un regno di 5720 metri di dislivello, è tornato Ion Coban, dopo mesi di lontananza e di ferite non ancora rimarginate.
Ha corso come si torna in un luogo amato: con cautela, con rispetto, con la consapevolezza che ogni passo è un dono.
Ed è così che, in questa lunga danza di salite e discese, Ion ha trovato la forza non solo di resistere, ma di rinascere: 3° posto assoluto, segno che il corpo si piega ma lo spirito no.
Le sue parole restano come una confessione onesta, quasi un piccolo poema di determinazione:
“Dopo oltre tre mesi di lontananza da gare causa pubalgia (non ancora superata del tutto) e allenamenti mirati a mantenere un minimo la forma fisica finalmente si ritorna a gareggiare al Trail del Cinghiale. Gara fatta in passato ma sempre su distanze minori. Quest’anno ho deciso di provare la massima distanza anche se quando mi sono iscritto non immaginavo i problemi fisici (o per lo meno speravo che tutto andasse bene ma per chi fa Trail le sorprese sono sempre dietro l’angolo). Fino a due settimane dalla gara (ultima data utile per chiedere il trasferimento) ero ancora in dubbio se partire o chiedere il trasferimento alla prossima edizione dato che i problemi fisici non sono superati del tutto ma le sensazioni sono positive e l’infiammazione lentamente sta diminuendo di intensità. Alla fine ho deciso di partire e di valutare eventualmente durante la gara come avrebbe risposto il fisico sia per quanto riguarda l’infiammazione sia per la resistenza data la carenza di allenamenti lunghi. La partenza della gara è stata abbastanza tranquilla. Ho 10-15 concorrenti che mi precedono subito dopo la partenza e io che sto cercando di ascoltare i segnali che il corpo mi trasmette e di monitorare la situazione. In salita riesco ad andare abbastanza bene mentre in piano e in discesa spesso vengo superato da altri concorrenti in quanto non riesco ad allungare il passo. Attorno al 20 km l’infiammazione nella zona dell’inguine inizia a aumentare tanto che decido di rallentare ancora il passo. Per mia fortuna vedo che l’intensità del dolore risulta sopportabile e non aumenta di intensità tanto che decido di provare a spingere di più. Vero il 60° km raggiungo e supero in salita Samuele (che si trova in terza posizione e in questa fase di gara si trova in crisi ma per fortuna decide di ritornare sui suoi passi e starmi dietro) e insieme corriamo per il resto della gara e tagliamo il traguardo insieme. Per quanto riguarda la gara molto bella e ottima organizzazione come sempre. L’altra caratteristica che non manca quasi mai al Cinghiale è il fango a non finire. In certi tratti in discesa non si riusciva a stare in piedi, sia causa fango sia causa rocce lisce che sono come della lastre di ghiaccio.”
Ion non parla come un vincitore, ma come chi è tornato da un viaggio dentro sé stesso, e ne porta indietro il dono della resilienza.
🌫 Elfrida Candelaresi – la costanza dei monti
Sulla 60 km (3560 metri di dislivello) ha corso Elfrida Candelaresi, discreta e forte come i silenzi del bosco che l’ha accolta.
Non servono molte parole per raccontarla: basta immaginare le ore che ha trascorso tra le nuvole basse e le foglie umide, con la montagna che sussurra al passo di chi non si arrende.
🌲 Michele Tuffanelli – la lacrima e la vetta 
Sulla 45 km (2610 metri di dislivello) si è mosso Michele Tuffanelli, uomo che corre con il cuore prima che con le gambe.
La sua voce è quella di chi ha attraversato la stanchezza e vi ha trovato la commozione, la gratitudine, la sorpresa:
“Chissà se sarà veramente l'ultimo cinghiale, ma dopo la gara che ne è venuta fuori, non mi dispiacerebbe, quando arrivi emozionato e non riesci neanche a condividere la gioia con chi a casa (Letizia) ti segue con ansia e condivisione perché scappa la lacrimuccia, ma veniamo alla gara tutto perfetto, il meteo perfetto per correre, gestita alla perfezione perché così devo fare in una 45, divertito un sacco e poi quando ti accorgi di correre fianco a fianco con la prima donna, e che donna, una che ha vinto il Tor e seconda quest'anno, e ti fa' pure i complimenti all'arrivo, beh la soddisfazione è tanta... quindi dicevo sarà l'ultimo, credo proprio di no.”
C’è in queste parole la verità del Trail: la fatica come rivelazione, la commozione come vittoria.
🍂 Marcello Gardin – l’uomo del fango e della luce 
35 km, 2020 metri di dislivello, e l’anima piena di stupore.
Marcello Gardin racconta con semplicità quello che tutti sentono ma pochi sanno dire:
“Panorami spettacolari per una corsa all’insegna del fango e della fatica. Torno a casa con un’esperienza fantastica.”
È nella brevità di questo pensiero che si nasconde la profondità del viaggio: il corpo stanco, il cuore vasto.
🌤 Manuel Di Barbora – il respiro breve e felice
Sulla 20 km (1040 metri di dislivello) ha corso Manuel Di Barbora, leggero come un vento giovane tra i castagni.
Ogni passo breve è stato un piccolo atto di libertà, ogni salita un sorriso condiviso con la terra.
🌕 Epilogo – del Cinghiale e degli uomini
Alla fine, quando il cielo si è chiuso sulle creste e la luce ha cominciato a svanire tra le foglie, il Trail del Cinghiale è rimasto sospeso nell’aria come un respiro collettivo.
Non c’erano vincitori e vinti, ma solo uomini e donne che avevano camminato dentro la propria forza e dentro la propria fragilità.
E da qualche parte, tra il fango e le stelle, la montagna ha sorriso, come una madre antica che riconosce i suoi figli.








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