8° PUNTATA – FINALMENTE IL
CIOCCOLATO ARRIVA
Monastero del Corpus Domini |
Una
settimana è trascorsa, e, come mi ero ripromesso, riparto alla
scoperta della nostra città, partendo dal punto dove avevo terminato
la scorsa settimana.
Con
la mia “spiciula” (per i non ferraresi, la “bicicletta”)
ritorno all'Oratorio dell'Annunziata e, dopo qualche secondo di
meditazione, Corpus Domini o Santa Maria in Vado, Santa Maria in Vado
o Corpus Domini……. opto per il monastero, Santa Maria in Vado
sarà meta di un prossimo giro.
Munito
come sempre della mia Nikon e del Melchiorri (avendo la fissa
dell’origine del nome delle vie, questo testo, è la mia bibbia),
prima di dirigermi verso il Monastero, piccola sosta bar, dove,
davanti ad un fumante e caldo caffè ed una fragrante ricciola, leggo
alcune righe sulle probabili origini dei nomi delle vie che, da qui a
poco, calpesterò: Via Pergolato, Via Campofranco, Via Praisolo e Via
Savonarola, chiaramente di quest’ultima l’origine è evidente,
quindi vado diretto sulle altre.
Praisolo,
pare derivi da Pra-Isola, cioè “posto isolato”, “posto
appartato”, era la zona dove la gioventù del medioevo, si
esercitava nelle arti del pugilato e della scherma, ed ogni anno, il
22 luglio, si svolgeva la “Battagliola”, una finta zuffa tra due
opposte fazioni di ragazzi, che combattevano scagliandosi frutta e
torsoli con le frombole (una sorta di fionda); questa festa durò più
di due secoli, finché Alfonso II d’Este (quinto ed ultimo Duca di
Ferrara) non la vietò, perché più gli anni passavano, questa finta
lotta diventava sempre meno finta e sempre più vera, a tal punto che
i torsoli venivano sostituiti da sassi e le frombole da bastoni.
Il
nome Campofranco trae origine dalla concessione fatta, nel 1360, dal
Marchese Aldobrandino d’Este, di una zona nei pressi della città
(tutta quella compresa dalle tre strade), dove potersi battere a
duello, esenti da pena.
Infine
Pergolato, che prende il nome da una serie di pergolati o pergole che
erano presenti numerosi in zona.
Bene,
lettura finita, caffè terminato, della ricciola nemmeno le briciole,
in realtà ci starebbe ancora un bel cannoncino, ma meglio alzarsi e
pagare, altrimenti la bilancia!!!!
Lasciandomi
alle spalle l’Oratorio, mi dirigo verso il centro, Via Pergolato
appare sulla destra…. Inizia come una delle tante strette viuzze
del centro, ma dopo pochi metri si apre, sulla sinistra il Monastero
del Corpus Domini e sulla destra la Chiesa di San Girolamo.
Attualmente
il Monastero delle monache Clarisse, occupa una piccola parte
rispetto alle dimensioni iniziali (la sua area originaria
corrispondeva praticamente a tutto il quadrato tra Pergolato,
Campofranco, Praisolo e Savonarola, mentre oggi, su Via Savonarola e
parte di Pergolato, l’area è occupata da una scuola media
superiore), ma conserva una valenza storica ancora intatta.
Fu
fondato nel 1406 da una certa Bernardina Strozzi, e fin dall’inizio
godé della protezione degli Estensi, ma il personaggio legato
maggiormente al monastero è Caterina Vegri, dichiarata Santa nel
1712, che qui fece la sua professione di fede dal 1432 al 1456,
quando lasciò Ferrara per Bologna per costituire un nuovo convento.
Le
monache Clarisse di questo convento, sono considerate anche, le
creatrici del dolce tipico ferrarese, il Pampepato. Indicativamente
la sua nascita, viene fatta risalire tra il 1500 e 1600, ma le teorie
sono varie, alcuni addirittura, anche al XII secolo. Di certo è loro
la paternità della forma del dolce, che pare rievochi i copricapi
dei prelati, da qui il nome “Pan del Papa” e da qui “Pampepato
o Pampapato”. Il dolce come è oggi però, lo dobbiamo alla
creatività di un pasticcere di origini milanesi, Guido Ghezzi, che,
dopo aver appreso l'arte di lavorare il cioccolato in Svizzera, nel
1902, riesuma una antica ricetta del pampepato e decide di
modificarla con l'aggiunta del cacao (al tempo degli Estensi non era
conosciuto), a lui dobbiamo quella copertura di circa 4 millimetri di
spessore di cioccolato che oggi, ogni pampepato ha; prima la
copertura era fatta con i “diavulin”, piccoli confettini di
zucchero colorato.
Fu
così grande il successo di questo nuovo pampepato che, con il
passare degli anni, il Ghezzi trasformò il suo laboratorio, in una
piccola fabbrica di dolci, chiamandola “F.I.S.”, Fabbrica Italo
Svizzera
Pampepato Fis dal 1902 |
A
chiusura di queste “dolci righe”, le religiose, quando
interpellate sull'argomento, non hanno confermato la tesi sulla loro
paternità del dolce, in quanto oggi, nel convento, non esiste
nessuna testimonianza che confermi questa storia.
Sulla
Via Campofranco invece, vi è la chiesa del convento. La curiosità
di questa strada è che, a parte la porta di una autorimessa, la
chiesa è l’unico stabile che ha una porta di accesso sulla strada.
La
chiesa, anche se di dimensioni limitate, è a mio modesto avviso, una
delle più belle di Ferrara. Completamente affrescata, ora
dall’aspetto barocco, ha al suo interno opere del Ghedini, dello
Scarsellino e del Cignaroli. Della costruzione originaria ha ben
poco, in quanto negli anni ha subito vari rifacimenti, in particolar
modo ai primi del ‘700 a causa di un grande incendio nel 1665.
Oggi
il convento è ricordato in città, perché è per definizione il
luogo delle tombe degli Estensi. In realtà, nell’ambiente
denominato Coro delle Clarisse, vi sono le lapidi sepolcrali di
alcuni importanti personaggi di casa D’Este, come ad esempio Ercole
I e della moglie Eleonora d’Aragona, Ercole II, Sigismondo d’Este
(colui che abitava nel Palazzo dei Diamanti) e pure di Lucrezia
Borgia. I resti di altri Estensi sono raccolti in sotto un’unica
piccola lapide, portati dalla chiesa (ora scomparsa) di Santa Maria
degli Angeli.
Ora
ci starebbe un salto in San Girolamo, ma la chiesa la vedo già
chiusa, tutto mi dice che ormai è l'ora del pranzo.... meglio
tornare alla bici allora, ed un altro pezzetto di storia della nostra
Ferrara anche oggi l'abbiamo riletta.
Alla
prossima settimana, con un altro giro, con un'altra meta.
Alessandro
Polesinanti