martedì 8 luglio 2025

ASOLO 100 KM : Vittorio e Alessio tra le colline asolane e la catena del Grappa.

 

Definita una delle ultramaratone più difficili d’Europa, per altimetria, pendenze e condizioni meteo molto particolari dovute al microclima del massiccio del Monte Grappa, solitamente molto variabile e con intense piogge che colgono all’improvviso i partecipanti: basti pensare che l’edizione precedente é stata portata a termine da poco più di 100 atleti, un terzo degli iscritti.


Citando "l’insultatore" col megafono del Monte Grappa, “la Asolo 100 é un’enorme supposta di 2800 metri che voi runner avete scelto di assumere, con 100 km di dessert”. Ed impossibile dargli torto, ma di lui riparleremo a tempo dovuto.



Prende il via da Asolo (TV) il 5 luglio 2025 la 13ª edizione della Asolo 100 km, tra le bellissime

colline asolane e il massiccio del Grappa, con oltre 2800m di dislivello positivo totale ed un anello podistico di 100km, 14 comuni coinvolti e più di 300 atleti che finora l’hanno percorsa.

Il percorso si snoda partendo dal bellissimo borgo medievale di Asolo verso il Monte Grappa, noto per il suo ruolo chiave durante il primo conflitto mondiale. Sebbene la gara sia prevalentemente su superficie asfaltata, si affrontano salite con pendenze proibitive come la salita degli Alpini, con tratti al 27%
20 ore totali per completare il percorso di 100 km e diversi cancelli orari situati lungo il tracciato, ad obbligare gli atleti a performance di discreta qualità, e non certo a una spensierata passeggiata.

Paesaggi emozionanti, ricchi di bellezza e di storia, che faranno da cornice a questa impresa. 

Start a mezzogiorno in punto per i 300 partecipanti all’edizione 2025, dei quali alcuni temerari alla 10ª partecipazione (premio speciale per loro), con apice una signora che ha corso tutte le edizioni fino ad ora organizzate. Si parte a valle, a poco più di 200 metri sopra il livello del mare e si scende ripidi dal centro di Asolo, con cielo coperto ma grande afa per la prima ora e trenta minuti, in un continuo ma non complicato saliscendi collinare. Poi all’improvviso e inaspettatamente ecco presentarsi una intensa pioggia, da un lato rinfrescante, ma allo stesso tempo un piccolo ostacolo in più per gli atleti; infatti al 35º km ha inizio l’intensa e lunghissima ascesa verso il Monte Grappa, e nonostante il maltempo ceda il passo di nuovo al sereno, gli atleti si trovano a salire in quota completamente zuppi e con i piedi fradici. Vento ed escursione termica sul Grappa possono essere micidiali, con sbalzi di temperatura di oltre 25ºC rispetto a valle.
20 km totali di ascesa dei quali i primi dieci massacranti, almeno fino al Rifugio Vedetta; in

questa fase estenuante della gara ci pensa almeno “l’insultatore del Grappa”, un personaggio mitologico dotato di megafono, nonché di vestiario e lessico estremamente fantasioso, che presente ormai in tutte le edizioni identifica i runner già diversi tornanti più a valle, ed inizia a spronarli ed insultarli, rallegrando quantomeno un bel tratto di salita!
Poi altri 10 km di ascesa fino al rifugio e ristoro del Monte Grappa, passando prima per l’emozionante Sacrario del Grappa, l’enorme cimitero in cui riposano oltre 20.000 eroi, soldati che diedero la vita per la nostra libertà durante la Grande Guerra. Qui il vento é veramente freddo nonostante il sole e dopo un ristoro a base di minestrone di verdure, caffè e dolci vari (e possibilità di cambiarsi con abiti asciutti e di fare massaggi) ha inizio una interminabile quanto veloce discesa, che permette di godere del panorama maggiormente rispetto alla salita della bellezza dello scenario sottostante, valorizzando l’altitudine a cui ci troviamo e il formicaio di case e paesi della Pianura Padana e dei colli attorno al Grappa.
Solo al km 80 termina la discesa, in concomitanza con il terzo punto sacche dove gli atleti ormai giunti a valle possono indossare nuovamente abiti asciutti.
L’amara sorpresa viene ora, perché anche se dopo l’ascesa del Grappa sembrava trascurabile, attorno al km 83 gli atleti si ritrovano a salire nuovamente in collina, per altri 500 metri circa di dislivello positivo: complice l’imbrunire e l’inizio dell’oscurità intensa e con le gambe sfinite e la mente ormai proiettata al traguardo, é una difficile prova per tutti i runner. Si scollina attorno al km 90, dove inizia una lunga quanto impercettibile discesa a bordo della statale, con le auto che nel buio identificano le luci frontali e i catarifrangenti dei podisti, incitandoli con urla dai finestrini e colpi di clacson.

Al km 98 si entra nuovamente nel comune asolano, con l’ultimo chilometro e mezzo di fatica e salita che si presenta agli atleti ormai esausti ma eccitati all’idea tornare sulla piazzetta principale di Asolo.
Qui finalmente il traguardo e l’ambita medaglia aspettano gli eroici partecipanti di questa edizione della Asolo 100 km.

Per Corriferrara due portacolori al via: il veterano ed espertissimo ultramaratoneta Vittorio Cavallini e l’esordiente assoluto su questo tipo di distanza (e altimetria) Alessio Montanari. 
Per entrambi la gioia di portare a termine questa enorme esperienza sportiva, con risultati anche molto soddisfacenti.





L’emozionante racconto di Vittorio Cavallini
Ho sempre desiderato andare al sacrario del monte Grappa ma, più per pigrizia che per

altro, non ho mai creato l'occasione per andare. Il fine settimana scorsa ho dato un calcio alla pigrizia e ci sono andato, partendo da Asolo e prendendola un po’ lunga!
Sarà stata la voglia, il posto e la giornata fantastici, questa corsa mi è piaciuta veramente tanto, compresa la pioggia che sembrava calda e non bagnare caduta dopo un'ora e trenta dalla partenza!
Poco prima di imboccare la strada degli alpini ha smesso di piovere e poco dopo è uscito il sole.
Arrivati sul monte Grappa la vista era spettacolare: le colline trevigiane, il Montello, l'ampia ansa del fiume Grappa che divide in due quel pezzo di pianura, più lontano il mare nella foschia e i colli euganei.
Poi il passaggio camminando all'interno del sacrario. Non mi vergogno a dire che quando ero tra le due file di cippi con i nomi dei monti mi sono commosso
La discesa è andata benissimo, iniziata con la luce calda del tramonto e terminata al buio pesto dei boschi
Ultimi 10 kilometri pianeggianti e l'arrivo in piazza ad Asolo".

E le sensazioni di Alessio Montanari  a caldo dopo la prima esperienza in questa importante prova: 

"Pensavo che avrei raccontato solo l’ennesima corsa, magari con l’enfasi creata da qualcosa di indimenticabile, un traguardo sognato da tanti runner, e che molti non riescono nemmeno a prendere in considerazione in tutta una vita: quello di arrivare a correre una 100 km. Ma è stato qualcosa di più, una grande prova e un punto e a capo importante nel libro della vita.
Eccomi qui, sul traguardo di Asolo, dopo 100 km e quasi 3000 metri di dislivello positivo, con le braccia alzate e lo sguardo al firmamento.

In sé la gara é andata bene, e più che una gara la definirei un’esperienza: non ho mai sofferto, nelle ore di caldo del primo pomeriggio, nel freddo durante il temporale e nemmeno con gli abiti e le scarpe inzuppate di pioggia durante la salita della cima del Monte Grappa e nemmeno nelle ore finali della notte: ero pronto e preparato a correre dove si poteva, a camminare dove necessario; ero super pronto fisicamente e mentalmente inattaccabile: non ho sbagliato nulla e tutto quello che avevo pianificato (con poco margine di errore) si è poi concretizzato: le prime tre ore corse in piena gestione e risparmio energetico per per completare la parte “pianeggiante” di 35 km fino all’attacco della salita del Grappa; altre quattro ore scarse per salire in cima al monte Grappa, e lì capire le mie condizioni fisiche per gestire la discesa, sperando di poter giungere agli 80 km in meno di 9 ore, e nuovamente stimare da quel momento come affrontare la parte finale in base alle energie residue.
Così é stato: prima parte quasi sempre in compagnia di Antonella (la vincitrice), poi dalla

salita mi sono unito a Franco, un runner sconosciuto che ha avuto problemi fisici (crampi) poco dopo averne fatto la conoscenza, tanto da rischiare il ritiro immediato al 37º km, ma che come un’animale guida ho motivato e alla fine ho spronato fino al traguardo di Asolo.
Nel mezzo un’esperienza di vita gigantesca, dove ho capito di avere risorse inesauribili, mentali, prima che fisiche: nella seconda parte di gara, dopo 9 ore di corsa e dopo la discesa “rianimo” un altro runner stanco, sconvolto e sconsolato dalla durezza del percorso (Tommaso ha concluso quattro volte il Passatore sotto le 10 ore, più tante altre maratone ed ultra: non proprio un novellino!) e tutti e tre arriviamo al traguardo assieme.
Tutto quello che ho imparato in questi anni di podismo, l’ho messo in campo oggi, come se fosse l'ultima sinfonia, quella perfetta e dove le note dello spartito le suoni a memoria: capacità motivazionali, autocontrollo, trucchetti per ingannare la mente e la fatica, capacità di recupero, programmazione e proiezione visuale di micro-obiettivi, resistenza, e quel sano briciolo di pazzia che mi ha portato a chiedere una fresca e rigenerante birra nell’unico momento di appannamento avuto, trasformandomi in pochi minuti in uno sherpa himalayano posseduto dallo spirito di Fiorello.

Oggettivamente avrei potuto anche fare un tempo molto migliore, attorno alle 10 ore e 30, ma per i ragazzi giunti ad Asolo con me sono stato importante e il loro abbraccio dopo il traguardo é impagabile, ed anche per me la loro compagnia é stata linfa ed energia vitale. D’altra parte ero io il più inesperto dei tre, non avevo mai superato prima di sabato corse di 50 Km di distanza, ed è stata una piacevole sorpresa vedere che agli 80 e 90 km mente e corpo erano ancora stabili ed in piena armonia, permettendomi di correre a 5’30” la parte finale e di motivare i due amici e compagni di avventure conosciuti durante il cammino.
Ero pienamente in controllo, in uno stato fisico e mentale ottimale e soprattutto sereno, dato che ho corso questa gara con la consapevolezza che fosse la mia ultima impresa ed il mio passo d’addio, e quindi ho assaporato ogni passo, dato un nome ad ogni chilometro, sorriso pensando a chi mi genera un sorriso e una scossa al cuore, ogni volta che una minima nube passeggera mi si addensava nella mente. Ritrovando sempre nuova energia.
Nella testa quante volte mi sono riecheggiati i versi:
“Capita anche a te
Di camminare giorni interi, interminabili
E sprofondare nei pensieri
Abbandonata a desideri inconfessabili? Sì
Capita anche a te
Di non volere più aspettare la felicità?
Proprio come me, sì” e sentire che il cuore pesava il triplo. E pensare che in questa bella notte di luglio è giusto che quest’avventura finisca col sorriso più felice.
Finisco qui. Finisco così, finisce con l’apoteosi, con il cuore pieno di gratitudine, nel

momento più bello ed all’apice della forma fisica e dei traguardi raggiunti.
Semplicemente mi sento totalmente svuotato ed al contempo appagato, ed ho veramente bisogno di allontanarmi da questo mondo per stare meglio. Per tante ragioni.
10 anni sembrano pochi, é vero, specie per chi ha dedicato tutta la sua vita a questo stupendo sport e mi vede al massimo come una meteora del podismo; ma con un’aspettativa di vita di 80 anni (la mia forse un filo ridotta, date le cure oncologiche sostenute) anche dieci anni rappresentano un capitolo importante e centrale dell’esistenza di un essere umano. E poi li ho vissuti a tutta, senza mai accettare scorciatoie o corsie preferenziali.
La corsa mi ha limato, mi ha rimesso al mio posto, mi ha disciplinato, ha alimentato la mia competitività, reso più consapevole, mi ha fatto accettare i miei limiti ed altre volte spinto a scavalcare quel muro che pensavo invalicabile; a volte mi ha divorato ed altre mi ha nutrito ma certamente è lo sport più democratico che io abbia praticato: il talento, il genio, “l’essere portati” conta relativamente; nel podismo, se ti alleni vai, e stai davanti agli altri (o semplicemente finisci le gare senza essere demolito). Se non ti alleni, non vai. Punto. Pochissimo margine per le scuse.
Smetto ora, nel momento migliore, perché é giusto che sia così: mi allontano dal running senza mai essermi mai fatto male (un paio di costole rotte, ma nemmeno per colpa della corsa), senza patologie croniche, senza ernie e con le articolazioni integre, tutte le cartilagini al loro posto e nessun dolore con cui dover condividere le giornate e che mi condizionano il modo di fare lo sport che amo. Un privilegiato.
Ho pianto per la corsa, ma per lo più per intensa gioia ed emozione.
Quantitativi di ossitocina in circolo da poter diventare donatore…

Non è colpa di nessuno, non ho discusso con nessuno, non ho litigato con nessuno, non ci sarà un cambio di divisa, non lo faccio “per”, né a “causa di” nessuno: lo faccio per me, perché é l’unica strada che vedo come percorribile per andare avanti.
Scelta libera, consapevole, sofferta, ponderata, matura, ed inevitabile.
Questo sport si è già presa tanto (o io, forse sbagliando, gliel’ho permesso) e richiesto sacrifici importanti (alcuni dei quali avrei anche volentieri fatto a meno), fino ad assorbirmi totalmente, nel bene e nel male.
Nelle infinite ore silenziose dei miei allenamenti e delle gare (mi piaceva fare quelle lunghe, sono un animale da distanza e sudore…non so se si è capito), ho imparato ad ascoltarmi e ad accettare la mia solitudine, e un passo dopo l’altro sono diventato un orso taciturno e introverso, tutto il contrario di ciò in cui avrei pensato di evolvere.
Il distacco dal grande e super-motivante gruppo di allenamento ed amici a Ferrara ha inferto un altro duro colpo ed infine il trasferimento lontano da Ferrara (allo stesso tempo duro da digerire, ma l’unica medicina per l’anima) altrettanto.
E proprio in una recente e lunghissima domenica di corsa, ho maturato questa decisione e al traguardo guardando un paio di occhi amici ho proferito per la prima volta le parole “faccio la 100 km e smetto”.
Cercherò un'altra strada e spero un giorno, presto, di svegliarmi al mattino e non pensarti più, non pensare a te e trovarmi a minimizzare, a ridimensionare l’importanza che hai avuto.

Nessun rimpianto: non mi manca non aver corso New York, Boston, la Thuile o Berlino o Londra, la Transvulcania, Zegama Aizkorri, TOR e Western State o la 100km del Passatore… o l’IronMan (ci avevo pensato, entro i 50 anni): non sempre conta la location, ma le sensazioni durante le corse; non conta il numero di respiri di una vita, ma gli attimi che ti lasciano senza fiato.
Io dal running ho avuto tutto.
Davvero: tutto! Amicizia, supporto, spensieratezza, condivisione, divertimento, calore, amore, soddisfazioni e qualche briciolo di notorietà.
Ma si è preso anche tanto, e non mi voglio più soffermare su questo punto.
Ho guadagnato anni di vita, migliorato la mia salute, perso oltre quaranta chili in un modo graduale, riacquistato fiducia e sorriso; ho migliorato di anno in anno le mie prestazioni, arrivando a traguardi (e con tempi) inimmaginabili per me.
Ho corso in ogni angolo del mondo grazie anche al mio lavoro.
Con mia iniziale sorpresa ho vinto dapprima qualche sporadico premio in gare locali, poi qualche podio e vittoria di categoria; mi sono scoperto ad amare il trail e salire “forte” le montagne e persino avuto la fortuna e la gioia di tagliare per primo il traguardo in una gara ufficiale (livello e numero dei partecipanti relativamente basso).
Ho avuto l’onore di fare l’aiuto-istruttore, diventare per qualcuno un punto di riferimento, sapere che avevo avvicinato delle persone sedentarie a questo meraviglioso sport. All’arrivo di qualche gara avvicinato da qualche sconosciuto e dire “io ho letto la tua storia, mi ha ispirato e ho cominciato a seguirti su Strava”.
Agli altri non dovevo dimostrare niente.
A me stesso ho dimostrato molto più di quel che immaginavo di poter fare.
Dai… non male per quel ragazzone di 110 kg gonfio di cortisone, dopo un anno di cure oncologiche e con la capacità polmonare ridotta del 40%.
Però adesso mi fermo qui, bisogna accettare o stabilire i propri limiti.
Negli ultimi tempi mi sono gradualmente staccato, prima evitando i sempre più i social,

poi togliendo app di condivisione sportiva come Strava, limitando al minimo i miei racconti di corsa sul blog (a volte proprio nulla: a me che piaceva raccontare le emozioni di corsa.. e che avrei potuto scriverci un libro…): s
e non fosse stato per una persona speciale avrei anche già smesso da qualche mese, ma lei mi ha convinto a riprovare e continuare, mi ha preso la mano e mi ha portato a volare.
Ho raggiunto obiettivi impensabili ma i tempi sul cronometro sono solo numeri: ma questo è quanto… c’è un “prima” e un “dopo”, ed un futuro che si ferma sul traguardo di Asolo.
C’è chi ha questo potere enorme, un dono così prezioso. L’inspiegabile scia di una stella cometa che solca il buio cielo invernale.
Che sia stata magia o banale illusionismo, é stato uno spettacolo, come osservare un’eclissi totale di sole, ma impreparati e senza lenti protettive: si rischia la vista... Ora che il sipario si è chiuso (di nuovo) bisogna ritrovare il proprio sentiero, rientrare sul percorso, appoggiare i piedi dove il terreno non cede ed evitare di inciampare.
Ora è tempo di spegnere i riflettori su questo mondo e tornare a mettere me stesso in

primo piano: ho già staccato dal muro i medaglieri e tutti i “trofei” conquistati in questi anni, e riposti in cantina… magari un giorno avrò qualcosa da raccontare a mia figlia, se sarà curiosa di questo capitolo della vita di papà.
Magari troverò un nuovo hobby, tornerò a divorare libri, a suonare la chitarra o a dipingere; tornerò a fare gli aperitivi al mare con gli amici, ad aprire gli occhi alle undici del mattino senza sveglia e senza tabelle di allenamento, alle domeniche senza gare, a godermi il gelato, andare a concerti e mostre d’arte, o sfondarmi di profitteroles, e finire una cena senza pensare a quel che sto mangiando.
Proverò a padroneggiare quel potere su me stesso che fino ad ora hanno avuto solo due persone nella mia vita, e a farlo mio.
Ma più di ogni cosa ora mi dedicherò a fare il papà a tempo pieno (nei pochi ma preziosi spazi che la vita mi ha concesso) e ad essere ancora più presente nella vita di questa meravigliosa creatura che risponde al nome di Gemma: presto avrò nuove distrazioni ed inizierà un capitolo di compiti a casa, quaderni a quadretti, vestiti e grembiulini da lavare, feste di compleanno con altri bimbi, servizi papà-taxi, allenamenti di danza, nuoto o qualsiasi altra cosa lei vorrà; tempo di bici senza ruotine, di dentini da latte persi e sorrisi come tasti di pianoforte, di catechismo, tempo di abitini sempre più corti, di ombelichi scoperti, di cellulare usato di nascosto, di “maledetti” fidanzatini e via via fino a spiccare il suo volo. Ed io voglio esserci, non essere un papà a cui una figlia deve elemosinare attenzione, che concede i ritagli del suo tempo, egocentrico ed assorbito dal suo egoismo di impegni e passioni che mettono il rapporto padre-figlia in stand-by ad intermittenza e secondo le proprie personali necessità. Questione di priorità. Presenza e costanza.

Tempo di equilibrio, stabilità e sacrifici, attenzione, dialogo, serenità, rispetto ed amore.
Il castello è piccolo, ma la famiglia che lo abita crede in certi valori.
É tempo di rinascere, ogni cambiamento nasce da una distruzione.
E perché no? Anche tempo di una vita con qualche momento di noia e pace, e non sempre una carezza e due schiaffi.
Avevo immaginato ed iniziato a sognare tutto questo in modo diverso, ma la vita ha i suoi inspiegabili e tortuosi percorsi; é un po’ come nel trail, pensi che sia finita e ti rilassi credendo di essere arrivato al traguardo, e invece dietro una curva ti trovi da solo nel bosco di fronte ad una salita che ti piega le gambe, e ancora diversi interminabili chilometri da percorrere. Ma l’affronterò, un passettino alla volta e salendo piegato con le mani sulle ginocchia, da papà single e convinto dei suoi valori di uomo che ha messo sua figlia davanti a tutto, anche ai propri progetti di vita ed interessi personali.
Ringrazio l’Atletica Corriferrara, l’unica famiglia sportiva con cui ho condiviso tutta questa

enorme avventura: ti ho scelta semplicemente perché mi piaceva la canottiera col castello estense e per rappresentare i colori della mia città; ho finito per portare con me i valori sportivi, etici ed umani di un gruppo di persone speciali; dopo un anno di runcard sono entrato in punta di piedi conoscendo questo magico mondo alla festa di premiazioni Corriferrara 2017, vedendo le imprese di atleti che sembravano irraggiungibili, e che mi hanno accompagnato per oltre 600 gare.
Ringrazio Massimo ed Erika, fiero di aver rappresentato questa squadra, aver aiutato la società, il Mesola Castle Trail e la Ferrara Marathon a sopravvivere nei momenti più complicati post-covid, con entusiasmo e quel briciolo di follia che ci ha sempre distinti e resi diversi; un abbraccio a tutti quelli che da semplici compagni di squadra e di allenamento sono diventati amici veri; tutti i runner di altre squadre conosciuti in corsa, grazie a quelli che mi hanno accompagnato e per le più svariate ragioni si sono staccati da questo mondo, e tutti gli atleti (non vi nomino per non fare torti a nessuno, ma lo sapete quanto siete stati importanti per me) che ho preso come punto di riferimento, imparando tanto e alle volte, finendo persino per superare.
Ringrazio l'ex moglie, con cui è iniziato questo incredibile e casuale cammino; ringrazio la mia bimba, per le infinite ore passate assieme in passeggino a correre per le campagne di Legnago.
Ringrazio la persona che mi ha fatto volare ad altezze mai provate prima, ha riaperto la porta dei sogni e spostato infinitamente più in là i miei limiti, specialmente gli ultimi sei mesi dove ho sbriciolato ogni mio record, ripreso in mano e ribaltato la mia esistenza in tutte le sue sfaccettature, rimettendo in ordine le priorità della mia vita (per fortuna non leggerà tutto questo, anche perché si sarebbe rotta dopo tre righe).
Questa ultramaratona non avrebbe mai visto il mio nome fra i finisher, senza te. Non condivideremo più asfalto e sentieri “e la vita continua anche senza di noi” ma tu “sempre e per sempre, dalla stessa parte, mi troverai”. Che Dio sia dolce con te ed abbia solo carezze, la vita ti dia tutto ciò che sogni, anche ciò che non hai il coraggio di accettare perché ti fa tremare le gambe.
Sarai sempre la mia iniezione di adrenalina quando pensavo di esser morto.
Al traguardo, dopo cento chilometri e 2800 metri di dislivello positivo, col sorriso e le lacrime che mi rigavano il viso ho ho portato ed alzato al cielo due oggetti per me molto simbolici: Doudou, il pupazzetto che accompagna la mia piccola nel sonno da quando era ancora nella culla; ed un piccolo oggetto artigianale, il regalo più dolce, buffo, spontaneo e intriso d’amore che mi abbiano mai donato.
Siete voi i traguardi più belli di questi ultimi dieci anni. Grazie.
Ripongo quell’ultima canottiera e faccio spazio nell’armadio, ora svuotato da abbigliamento sportivo.
Grazie corsa.
Oggi è un giorno felice, qualcosa finisce, qualcosa ricomincia. Con un sorriso.
Non è stato solo bellissimo.

É stato splendido". 

 
































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