mercoledì 15 settembre 2021

Sara Melloni vince il premio letterario "Corri con gli Azzurri"


Bellissimo riconoscimento per la nostra Sara Melloni che vince la prima edizione del Premio Letterario indetto dalla Polisportiva Doro nell'ambito della manifestazione "Corri con gli Azzurri". DI seguito le sue dichiarazioni e poi il bellissimo raconto:
Sono così orgogliosa di avere tra le mani un premio letterario! Prima di tutto, vorrei ringraziare quel giornalista scrittore, di cui non ricordo il nome, che ha speso parole davvero belle e lusinghiere nei confronti del mio elaborato. Poi vorrei dare un abbraccio a chi ha organizzato questa iniziativa e dato valore alla scrittura nel contesto di una gara podistica (nella quale mi sono divertita un sacco). Come ultima cosa, per questa volta non dedicherò la gara alla profe di ginnastica delle medie e alle sue umiliazioni, ma a quella di italiano, che mi ha rimandata in seconda superiore. L' ha mai vinto lei, un premio letterario? Eh? Eh?



Memorie di lockdown - il mio allenamento.

Emergenza. È vietato correre. Emergenza. Non importa se sai che i virus non galleggiano per aria come nuvole, ma sopravvivono, per forza, solo nella saliva e, di meno, sulle superfici. Emergenza. Le anziane alle finestre, pronte a chiamare i vigili alla prima maglietta fluo, vanno rispettate. Emergenza. I social che vogliono linciare i corridori sul lungomare, vanno rispettati. Emergenza. Cosa ne so io, che nessuno sa niente, né i medici, né gli scienziati. Emergenza. Chiudo i ponti col mondo, con gli amici, sto attenta a non infettare mamma e papà, sono anziani. Emergenza. Metto da parte il ragionamento e il cartone Siamo Fatti Così, e la puntata sui virus e sui vaccini (speranze ancora lontane, auspicate e non vituperate). Emergenza. Stai a casa o muori. Emergenza. Mi autoelimino da Facebook, troppo aggressivo. Emergenza. Andrà tutto bene.
Leggo e rileggo la scritta sulla mia canotta sociale da gara: "Run is freedom". Freedom sì, ma non oggi. Oggi si impara a saltare la corda. Amazon, corda da saltare, data di arrivo tra una settimana, ne costruisco una con la corda da arrampicata, troppo lontano, me la sbatto sulle unghie degli alluci, piango, aspetto Amazon. Allora sapete cosa faccio? I burple dei Marines americani! Gli squat! Che sedere d' acciaio mi fa venire questo lockdown? Sì... sì... no... che noia mortale, che fatica inutile. Vado in bici??? Ehhhhh!!! Chissà quanto è pieno il Po. È così bello il Po. E allora rileggo l' ultimo DPCM, si può correre entro duecento metri da casa. E lo faccio, Dio se lo faccio, con gioia, follia, passione, amore. Ma lo racconto alla mamma, mi dice che tutti mi vedono, i runners sono untori di pestilenza, devo nascondermi, andare lontano senza farmi notare, piuttosto. Provare a correre di notte. Me la metto via. Prendo la chitarra e comincio a suonare. Inizio lo sterminio incontrollato di brani pop, rock, grunge... Nel frattempo, il mio vicino corre nel suo cortile, per un tempo che sembra infinito, percorre tratti a zig zag, come un calciatore. Una mattina, una speranza mi attraversa l' anima come un raggio cosmico. Dietro a casa mia c'è un orto comune, pieno di cagnolini e padroni, lo userò. Beata Terra di Mezzo, Stargate di una nuova dimensione... vicino l' orto c'è un frutteto, il proprietario è una delle persone più gentili del pianeta, mi apre un cancello che porta ad una superficie privata, ogni giro sono cinquecento metri, sono chiusa a chiave in questo spazio, osservo tra le piante i vigili fare multa ai proprietari di cagnolini, dieci, cento, striscio come un vietcong, non mi avrete, sono a quattrocento metri da casa. Il custode della mia felicità ed io ci accordiamo sui tempi di frequentazione del frutteto, lui non da il veleno quando ci sono io. Un giorno di aprile, trovo bottigliette d'acqua lungo il percorso e mi chiedo... chi può farlo? È l' ingegnere, si allena con me, condividiamo lo spazio, uno in un senso, l' altro in senso opposto. L' ingegnere predispone meticolosamente i ristori, e raccoglie tutto a fine sessione. Nasconde le tracce. 
Quattro giorni alla fine del lockdown. Vengo assalita da un fremito di follia, apro il cancello, è mattina presto. Non posso controllare quello che accade al mio corpo, so che è buio e mi ritrovo a dieci chilometri da casa. Un pointer mi insegue, il padrone ride e non lo richiama, bazzecole. Sento il silenzio del nuovo mondo accarezzarmi il viso, sento la rugiada. Sento le cellule, gli atomi, la manciata di particelle elementari che li compongono, quelle di cui parla il fisico Rovelli. Le sento, venti particelle, venti lettere dell' alfabeto cosmico, compongono l' aria che respiro, il cielo nero e stellato, le galassie infinite, il suono dei miei passi, i miei pensieri, il mio sorridere in questa fuga che ho pensato che non fosse il tempo di raccontare, perché conoscevo un anziano partigiano evaso dal carcere di Peschiera del Garda, ricercato dai nazisti, nascosto per un anno in un fienile, al gelo e al caldo infernale, e a me è stato chiesto solo di stare in casa, e quella gioia l' ho rubata. Mi sono detta che non era tempo di descriverla a parole, ma ho sentito le tante anime che vibravano al suono della mia, clandestina, e ho deciso: tra un anno, o due, racconterò.

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