lunedì 9 gennaio 2017

S1 TRAIL LA CORSA DELLA BORA: EMOZIONI UNICHE SUL CARSO TRIESTINO


Venerdì 6 gennaio si è svolta la 2^ edizione della CORSA DELLA BORA, gara di Trail sul sentiero S1 del Carso triestino.
3 gare in programma, la più lunga l'IPERTRAIL di 164 km con 5500 mt D+ davvero durissima che ha visto al via 45 atleti e soltanto 19 finisher con la vittoria della coppia Rabesteiner - Kienzl in 25 ore 55' staccando di più di 6 ore il terzo arrivato!!!
La S1 TRAIL di 57 km con 2500 mt di D+ al via 311 atleti, fra questi i nostri Massimo Corà, 129° in 8.21'05", Pierluigi Ceccarelli, 169° in 8.52'05" e Paolo Frozzi che dopo una caduta decide di non proseguire fermandosi al 23° km e che ha visto la vittoria di Luca Carrara in 5.12'16".
E la più corta, la S1 HALF di 21 km e 400 D+ che ha visto al via 388 atleti di cui 3 Corriferrara, con la coppia Francesco Guarna - Alessandro Mocciaro autori di un ottima
prestazione arrivati in 2.26'49" al 71° e 72° posto ed Enrica Guerra che riesce a gestire il suo tendine in via di guarigione e porta a casa la gara in 4.20'29" al 356° posto. Vittoria per Manfred Steger in 1.43'04" mentre fra le donne successo per Alionka Kornijenko in 2.06'00".
Bravissimi tutti ragazzi!!!
Ecco il racconto di Massimo Corà della sua gara:

Sono passati alcuni giorni ormai dalla  CORSA DELLA BORA, ma ancora ogni tanto la mia mente si perde a ripercorrere le grandi emozioni e gli incredibili panorami che questo viaggio mi ha regalato.
Partiamo da Ferrara io l'Erica e i bimbi mercoledì per goderci qualche momento di relax in questa terra che mi affascina particolarmente, il giovedì ci raggiungono Piero, Paolo,Francesco e Alessandro mentre Enrica Guerra era già a Triste con amici.
La compagnia è ottima e la vigilia della gara ci rechiamo a Porto Piccolo di Sistiana sede che ospiterà poi l'arrivo il giorno seguente, a ritirare il pettorale e il pacco gara, poi a cena tutti insieme qualche chiacchiera e sotto le coperte perchè per noi della lunga la sveglia è alle 5,00!
Ma il sonno fatica ad arrivare, i pensieri sono tanti e anche un po di paura devo ammettere che c'è!
Non è tanto la distanza, 57 km comunque mai affrontati in precedenza, i 2500 mt di dislivello o il terreno carsico che mi spaventano ma sopratutto il freddo non mi lascia tranquillo.
Le temperature infatti si sono abbassate parecchio e per la mattina seguente le previsioni parlano di un ulteriore abbassamento... Previsioni che poi si dimostrano azzeccatissime, infatti arrivati a Pesek, paese a 490 mt di altezza al confine sloveno sede della partenza, la temperatura è di -7 accentuata da un vento freddo che mi fa pensare per qualche minuto all'idea di rinunciare... Ma la giornata a parte la temperatura, è splendida e non posso tirarmi indietro! Così alle 7,45 con un quarto d'ora di ritardo si parte!
La prima parte della gara è veloce, molto corribile e con Paolo ci divertiamo in continui soropassi lui bravissimo in salita io più veloce in discesa...
I km passano in fretta, le gambe girano bene e il freddo non da grossi problemi, ma è un illusione...
Infatti fra il 15° km situato a Dolina e il ristoro di San Lorenzo al 23° km la gara diventa decisamente impegnativa con ripide  e lunghe salite e discese estremamente tecniche che lasciano il segno.
Infatti Paolo dopo una caduta preferisce non rischiare e abbandona la gara e io inizio a pagare lo scarso allenamento dell'ultimo periodo e a più di 30 km dal traguardo già arrivano i primi crampetti...
Capisco che se voglio portare a casa la gara devo decisamente rallentare il ritmo e così faccio... Cerco di gestire le forze ma calando l'andatura torna il freddo... Le energie sono poche ma il panorama è spettacolare infatti passato San Lorenzo iniziamo a costeggiare il golfo di Trieste con il verde della natura fra il blu del mare e l'azzurro del cielo che riescono a tratti a farmi dimenticare la fatica...
Fortunatamente arrivati ad Opicina, al 35° km, l'ottima macchina organizzativa ha predisposto un ristoro riscaldato che ci permette di ritemprarci, cambiare gli indumenti ghiacciati (nel vero senso della parola) e di poter affrontare gli ultimi 22 km asciutti!
Si continua, cerco di crearmi dei piccoli obbiettivi per far restare alto lo spirito, ogni 10 km chiamo Erica per rassicurarla delle mie condizioni e cercare il suo fondamentale supporto, ogni 5 km mi concedo in premio una manciata di frutta secca e così piano piano si arriva agli ultimi km, si inizia a scendere verso la costa e mi illudo che ormai sia fatta... Ma la discesa finale e gli ultimi km sugli scogli di Sistiana sono davvero durissimi, la fatica è tanta i piedi fanno male, il percorso estremamente sassoso ha demolito le mie Speed Cross non certo adatte a questa gara ed ora mi sembra di procedere scalzo... Fortunatamente il traguardo è ormai vicino entro in Porto Piccolo l'emozione è tanta, giro l'ultima curva e vedo l'arco d'arrivo, i miei bimbi che mi fotografano, Erica pronta a mettermi la medaglia al collo e gli amici Paolo, Francesco e Alessandro a complimentrasi... Sono passate 8 ore e 21 minuti... Sono esausto ma davvero felice! Felice per le emozioni che ho vissuto, per gli incredibili luoghi percorsi e sopratutto per aver portato a casa un viaggio che mi ha messo a dura prova ma mi ha permesso di imparare a conoscermi un po' meglio... Che bella avventura!!!!



Ed ecco il racconto di Enrica Guerra:



Corsa della Bora, che anche quest'anno ha preferito rimanere a guardare. Arrivo alla partenza con un tendine (quello lesionato a maggio) in riabilitazione e con queste parole che rimbombano nella testa: niente asfalto, cammina nelle salite e nelle discese.  Sono quelle del fisioterapista, a cui, con grande prova di maturità, non ho avuto il coraggio di dire dove andavo e cosa avrei fatto il 6 di gennaio e a cui, molto probabilmente, con altrettanta maturità, potrei pure non confessare dove ero e, soprattutto, cosa facevo, il giorno della Befana. E, così, quelle parole diventeranno una sorta di mantra che mi rimbomberà nella testa per tutti i venti chilometri e rotti.
La partenza della 21,5km della Corsa della Bora avviene sotto un bel sole incapace, comunque, di riscaldare la temperatura resa bassa anche da qualche folata di vento, che Bora non può propriamente dirsi. Alle 11.30 partiamo. Qualche metro e subito arriva un 15%, circa, di salita che la maggior parte di noi fa camminando, ma non per consiglio del fisioterapista. Il tendine, tuttavia, risponde bene nel sottobosco morbido costellato da qualche sasso di varia dimensione, come è tipico di queste zone. Presenta immediatamente il conto, invece, dopo qualche chilometro, nel tratto d'asfalto che porta al santuario del Monte Grisa e all'imbocco del sentiero che conduce alla Vetta d'Italia. Per noi è una bella discesa che dà l'opportunità di accelerare, ma le mie scarpe da trail si irrigidiscono sull'asfalto, lo schifano nella maniera più assoluta. Brontolano a ogni passo rivendicando la loro identità e, in questa corsa, viene a dar loro manforte pure il tendine. Così mentre tutti volano agevolmente sull'asfalto io tiro il freno. E riprendo a correre sul sentiero facendo attenzione a non essere infilzata dai bastoncini di chi li prende con lo scopo principale di agitarli a destra e a sinistra infilzando insetti, se va bene.
Il tendine si è calmato. Lontano dall'asfalto pare una di quelle fotografie da agenzia viaggi con il tizio di turno sbracato sulla sdraio a godersi il sole. In effetti il sole c'è e contribuisce, insieme a qualche refolo di vento, a rendere la giornata splendida e a dare una limpida vista su tutto il Golfo, dalla Croazia a Grado. Sopra il castello di Miramare mi fermo a fare foto. E' anche il momento in cui fermo la mia corsa. Devo portare all'arrivo lo stesso tendine che avevo alla partenza. Qua sostituisco la mia trotterellata con una rapida camminata, dopo avere fatto qualche foto al panorama e curato un servizio fotografico completo a quattro slovene con sfondo il castello di Mirare e tutto il Golfo. La dozzina di chilometri che mi mancano all'arrivo li dedico, praticamente, a fare esercizi di propriocezione evitando il più possibile di caricare sulla gamba sana, e a cercare il primato all'interno di un gruppo che potrebbe definirsi "gruppo ortopedia": un paio con problemi al tendine, una con una caviglia messa male per via di una caduta lungo il percorso, altri con ginocchia ballerine per non dire molli e via così. Io, oramai, ho preso il ritmo. Al ristoro di Santa Croce mi fermo solo per prendere un po' di tè caldo che berrò al volo dopo avere ingoiato una fetta di strudel a presa rapida, sciolta poi grazie al tè, e avere messo in tasca un pezzo di cioccolata che ingurgiterò dopo aver sciolto lo strudel. E' un peccato dovere camminare da questo tratto fino a quasi al traguardo perché è quello migliore per la corsa, a parte qualche roccetta. Accelero il passo. Recupero un amico acciaccato alle ginocchia, giusto perché al reparto ortopedia non si viaggia mai da soli.
Raggiunto l'acquedotto comincia, poco dopo, il tratto di sentiero assicurato con le corde, quello che porta all'attraversamento della strada costiera e all'ultimo paio di chilometri prima del traguardo. Considerato che ho distanziato di un bel po' 3/4 del "reparto ortopedia" mi fermo a fare un'ultima foto al panorama. Quindi giù, verso la strada costiera. Si scavalla il guardrail, si fa un breve tratto di sentiero, anche questo assicurato con le corde, e poi si arriva alla spiaggia. Qua si dice spiaggia e si trova un mare di ghiaia e qualche sasso. Lo si sapeva, lo sapevo. Ma un conto è sapere cosa puoi trovare, un altro è verificare la quantità di quello che ti puoi trovare. Due buoni chilometri di roccette su cui camminare, e lì va bene, con un'abbondante, poi, quantità di ghiaia su cui stare in equilibrio e in cui quasi affondi la scarpa. La sola cosa che mi viene da pensare, perché già imprecavano abbastanza quelli insieme a me diversi dei quali provenivano dalla 56km, è che se riperdo il tendine lo riperdo qua.  Procediamo tutti al meglio che possiamo, chi per non complicare l'acciacco che già ha e chi per non rompersi le caviglie. Cerco le roccette, più stabili, ma oramai, a mano a mano che si procede è solo ghiaia, ghiaia e ancora ghiaia. Finalmente si arriva al porto. Si percorre la zona di attracco delle barche, una piccola salita e poi si entra in una via che si percorre facendo lo slalom tra le persone a passeggio della domenica. Le indicazioni sul percorso da seguire sono, come sulla spiaggia, poco chiare, tanto che alcuni tireranno dritto giungendo sul traguardo sbagliando strada. Io prendo la via giusta solo per puro caso e, insieme a me, diversi altri. Se ci fosse stata qualche freccia era sicuramente posta male. Si procede. A sentire gli organizzatori si sarebbe tagliato l'asfalto finale, ma ci si rende ben presto conto, almeno io che l'ho fatta pure l'anno scorso me ne rendo conto, che han saltato solo il breve tratto di strada costiera e che ci stanno facendo fare al contrario, dunque in salita, la stessa strada, dentro Porto Piccolo, dell'anno scorso. Prendo la mano a una ragazza in forte difficoltà per i crampi e arriviamo alla fine della salita. Ci inoltriamo ancora dentro alle viuzze a far lo slalom tra le persone che non prestano alcuna attenzione ai nostri "scusi, permesso". Facciamo l'ultima discesa, per una scalinata, e arriviamo al traguardo ancora facendo slalom tra le persone a passeggio e incuranti della presenza di una gara, di un arrivo. Solo passando sotto al gonfiabile sento un "eccola, brava!" e mi ci vuole un poco a capire che non sono gli amici triestini con cui sono partita "non mi sembravano così alla partenza", mi dico. E' solo grazie all'apparizione del fotografo ufficiale (la mia foto per il blog è la sua, direi) che li riconosco: sono Erica e Paolo in attesa di Massimo. Il grazie che, nella confusione mentale (e dell'arrivo) non vi ho detto ve lo dico qua. E grazie, perché senza di voi probabilmente avrei pure dimenticato la medaglia, visto che queste erano praticamente appese alle braccia di un paio di ragazzine che sembravano pressoché impalate. E' stata Erica e dare loro istruzioni e loro mi hanno dato la medaglia: consegnata in mano. C'è, forse, ancora qualcosa da rivedere nell'organizzazione, e ancora lavoro da fare sul tendine, ma la meta che mi ero prefissata l'ho compiuta: ho portato all'arrivo il tendine così come era alla partenza. La strada è ancora in salita, ma è quella buona.

S1 TRAIL LA CORSA DELLA BORA 57 KM 2500D+ (1° 5'28")
21 KM 400 D+ (1° 4'54" - 1^ 6'00")

129° CORÀ MASSIMO                       8.21'05"   8'47"   +3'19"     57+25+9
CECCARELLI PIERLUIGI                 8.52'05"   9'19"   +3'51"     57+25+7
RIT. FROZZI PAOLO                                                                     23+10
71°   MOCCIARO ALESSANDRO     2.26'49"    6'59"   +2'05"   21+4+10
72°   GUARNA FRANCESCO             2.26'49"   6'59"   +2'05"    21+4+10
356^ GUERRA ENRICA                    4.20'29"   12'24" +6'24"      21+4

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