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mercoledì 11 maggio 2016

GREEN EUROPE MARATHON & HALF MARATHON: TRA LA SLOVENIA E IL MARE 13 CASACCHE BIANCO BLU SIGLANO DEBUTTI E PERSONAL BEST




8 Maggio 2016, giunti alla diciassettesima edizione in Maratona e ventunesima in Mezza, la Green Europe Marathon e Half Marathon, quest'anno si è svolta in una splendida giornata soleggiata, che ha favorito i circa 10000 iscritti nelle competitive e camminata presenti in questo splendido territorio tra Trieste e il Carso Sloveno.



E’ Robert Chemonges dell’Uganda, con il tempo di 2:11:45 il vincitore della 17° Green Europe Marathon, in campo femminile prima a tagliare il traguardo Maurizia Cunico (Runners Team Zanè) in 2:55:45. In maratona secondo posto per Samuel Kimutai dal Kenia in 2:13:44, terzo dall’Uganda Simon Rugut in 2:20:12, tra le donne seconda Daniela Da Forno (Asd Bavisela) in 3:05:53, terza Italia Della Torre (Athletic Club Apicilia) in 3:15:09.
A vincere la 21° Green Europe HalfMarathon il keniano Alfred Ronoh Kimeli in 1:03:27, secondo Stefano Scaini (Parco Alpi Apuane) in 1:09:00, terzo Fabio Bernardi (Body Evidence Elgevero) in 1:10:20. Per le donne prima Rosaria Console (Fiamme Gialle) 1:12:13, seconda Simona Saicu (ROU), in 1:17:52, terza Giulia Merola (Vicenza Marathon) in 1:23:49.
Percorso piuttosto subdolo quello della Maratona, tenendo conto della mappa altimetrica sembrerebbe, a parte i primi 6 km, sempre in discesa.  
La morfologia del territorio carsolino invece, prevede continui sali-scendi, strappetti e dolci discese lunghe. Condizioni non proprio ideali per chi come Frozzi, Corà, Fardella, Sarno e Guerra, hanno preso parte all'evento come Pacers; soprattutto dopo l'ultima salita di Santa Croce, intorno al 30° km, che precede una brusca variazione di quota. Infatti la strada scende in picchiata per quasi 4 km verso Grignano (34° km c.a.) dove tra tornanti a gomito e pendenze fino al 13%,  hanno causato qualche difficoltà nel mantenimento dei tempi prestabiliti. Da non sottovalutare nemmeno il tratto finale tra Grignano, Barcola e gli ultimi 1500m dove il percorso è in leggera salita, prima di tagliare il traguardo nella splendida Piazza dell'Unità d'Italia.

Paolo Frozzi

Tutto comincia a metà aprile, quando una contrattura sulla parte del muscolo del polpaccio sinistro che dà sul tendine va ad infiammare la guaina tendinea e, poco dopo, arriva la richiesta di Daniele che cerca qualcuno per affiancarlo come pacer sulle cinque ore. Penso e ripenso. In situazioni normali non avrei neppure riflettuto tanto e dopo un attimo di esitazione, considerato il ritmo alla “passo da montanaro”, a me congeniale, decido che sì, tento l’affiancamento, visto che non si offre nessuno, mentre l’infiammazione, bombardata da ultrasuoni, comincia a rientrare. E così domenica mattina, sotto una bell’arietta e in una giornata di sole si parte, con due palloncini contrassegnati da un 5 sulle spalle e un maestro pacer d’eccezione. Mi sento un po’ Kung Fu Panda. I primi venti chilometri trascorrono tranquilli, con l’infiammazione che ha cercato di farsi sentire, ma che poi si è pressoché cristallizzata lì. Lo so che quando arriverò al traguardo troverò un malleolo che sembrerà stendersi fino alla pianta del piede, per il ritorno del gonfiore sul tendine che gli passa sotto. So anche che questa arietta che tira, ovvero Bavisela, in mezzo a questo sole e all’ombra della strada Slovena non sarà più così piacevole sulla provinciale da Trebiciano a Santa Croce, specie per chi, come noi, ci arriverà nella tarda mattinata. La tattica geniale che metto in atto è portarmi dietro una fettina di limone da ogni ristoro in maniera tale da buttare dentro vitamine e liquido per non rischiare di bere troppo. E funziona, se non fosse che al ventesimo chilometro sperimento tutta la genialità di questa mia tattica quando mi ritrovo a masticare un pezzo di banana con il palato. L’acidità del limone ha elevato al 200% la sensibilità dentale. Riparto succhiando un biscotto stando attenta a non farlo toccare dai denti: ad ogni tocco sono due dita di pelle d’oca. Nel frattempo siamo già da diversi chilometri sulla provinciale. Il passo è buono, prevediamo di essere giù per le 13.30. Le gambe girano, ma è sempre meglio non dirlo troppo presto, perché comincio a sentire un leggero punzecchiare sulla rotula destra.  Va e viene, senza grande fastidio. Nel frattempo incrociamo una macchina dello staff rimasta a piedi per mancanza di benzina. Potrebbe essere un segnale, ma non ci bado. Il sole picchia, nessun fastidio. Al ristoro del 25° chilometro oltre al consueto bere opto per qualcosa di facilmente solubile, ovvero non masticabile. La genialità non mi abbandona neppure in questo caso: scacchetti di cioccolato, pressoché fusi. Mi ritrovo a correre con la mano sinistra impiastricciata di succo di limone e, ora, di arancia (ho optato per qualcosa di più dolce rispetto al limone) e la destra di cioccolata. Ho Daniele da un lato e tutti gli insetti volanti del Carso che mi stanno inseguendo. Al 27° chilometro comincio a perdere colpi, più o meno come la macchina dello staff. Lo scarso allenamento delle settimane precedenti si fa sentire, e pure la rotula: pare voglia uscire dal ginocchio, lei o chi per lei. Mi accorgo che perdo sempre più terreno. Spingo ma non vado avanti. Daniele ce la mette tutta a tenermi con lui, ma poi lo lascio andare. Trotterello un poco e provo a riprendere, ma niente. Per due chilometri ho il motore ingolfato. Entro in Santa Croce e una signora mi guarda un poco sull’incuriosito. Mi rendo conto che ho tra i denti la buccia dell’arancia. L’immagine che le si presenta dovrebbe essere quella di un pugile suonato con dei palloncini legati alla schiena. Mi tolgo la buccia e la saluto. Lei ricambia. Oramai comincio a salutare tutti, e comincia la discesa. Al ristoro di via del Pucino, al 30° km osservano con curiosità i miei palloncini. Non riescono a capire il numero. Dico loro che lo so, sono in ritardo. Chiedo se hanno visto il mio collega e mi dicono di no. Mi fermo pure a descriverlo: ha tre palloncini, uno è rosso. Niente, pare non l’abbiano visto. Stai a vedere che quel palloncino in più gli è servito per volare direttamente giù senza fare questa mulattiera. Li saluto e ringrazio. Tanto, oramai, penso, sono in ritardo mostruoso. Non ho neppure più il coraggio di guardare il gps, non mi direbbe neppure nulla, visto che mi sono accorta qualche metro prima che l’ho messo sul display che mi dà solo i chilometri e il passo e non il tempo (se non al passaggio del chilometro, che oramai non corrisponde più a quello segnato lungo la strada). Colpi di genio come se piovesse, insomma. Apprenderò solo quando mi arriverà la mail della classifica ufficiale che il mio ritardo era di una manciata di secondi e che Daniele, probabilmente, era dietro la curva. Ma non sentivo neppure la sua voce, quindi penso che, oramai, lui sia già a Barcola. Trotterello giù per via del Pucino, cercando di portarmi dietro qualcuno. E qualcuno va e qualcuno viene, più o meno come io faccio per loro. Dimentico il primo grande insegnamento di Daniele, quando vede qualcuno in difficoltà: dare la mano e fare qualche metro assieme. Forse è meglio averlo dimenticato: con il morale sotto ai tacchi che avevo in quel momento avrei pure potuto farmi trascinare per una mano. A Grignano avrei volentieri seguito il cartello “Grignano mare”, ma il ragazzo dello staff era lì, pronto, con una bottiglietta d’acqua in mano, per me. Me la porge senza tappo e ci devo ficcare un dito dentro per tenermi un po’ d’acqua per tutta Barcola. Avanzo alternando una corsetta trotterellata ad una marcia veloce. Nel mio palmares di acciacchi posso annotare, ora, anche il primo crampo in vita mia. Sul polpaccio destro, mentre la rotula, se accelero un po’, ancora vuole arrivare prima di me al traguardo. Barcola è pressoché deserta, chiamo Daniele per dirgli dove mi trovo, che non mi aspetti,   lui sembra cotto più o meno come me. Provo a chiedere a una signora se ha un pennarello nero, così, giusto per mettere due punti e un 30 dopo il cinque. Con uno scatto d’orgoglio, il pollice dentro il collo della bottiglia per non fare uscire l’acqua e un fitto dialogo con i due palloncini decido, anzi, decidiamo di comune accordo, io e i palloncini, che dobbiamo arrivare entro le cinque ore e trenta. Cerco di affrettare il passo mentre mandiamo (io e i palloncini, ovviamente) improperi alla macchina dei vigili urbani che viaggia sul percorso costringendomi a correre sul lato in pendenza della strada. E mentre sono lì che zoppico, per la pendenza del percorso, passa l’ambulanza. Alzo il pollice, non si sa mai che mi carichino sopra, chi penserà a Pallo e Ncino senza di me? Mi salutano e passano. Paradossalmente Barcola non è mai stata così corta come domenica, per me. Generalmente mi è infinita, ora pare avere pietà di noi (sempre io e i palloncini, oramai siamo una squadra fortissimi). A un paio di chilometri dal ristoro 40 sento un sibilo alle mie spalle. Il terrore mi assale: sta morendo un palloncino! Li tiro a me. Ci sono tutti e due, vivi e vegeti. Mi guardo a lato e vedo Susanna, una signora in difficoltà al 25°km che Daniele aveva preso per mano, che avanza affannosamente e con il baricentro fortemente in avanti. Le dico di rallentare, le dico che faccio la strada insieme a lei, ma il mio passo lento riesce comunque ad avanzarla. Allora le dico che camminiamo un attimo insieme. Cammina, cammino. Dopo qualche decina di secondi mi dice che sta pensando che fa meno fatica a correre e riprende continuando ad ansimare. Cerco di andare al suo passo che, mi rendo conto, è una camminata veloce per me. Almeno la rotula tace. Il malleolo, oramai, con il suo tendine, è nel silenzio a meditar vendetta. Lascio Susanna al ristoro e riparto, con una bottiglia provvista di tappo, questa volta. Forse l’unica volta che non mi serviva, visto che manca una manciata di chilometri all’arrivo. Ovvio, siccome è la giornata dei colpi di genio: il tappo l’ho richiesto io, il ragazzo me la stava porgendo senza. Susanna mi raggiunge, col suo fiato pesante. La lascio andare avanti, almeno così la vedo, penso. Costeggio la stazione e ho pure la lucidità di buttare nel bidone della plastica la bottiglia d’acqua, dopo aver bevuto un ultimo sorso e averla vuotata. Peccato che, poi, mi rendo conto la mattina dopo, ho confuso il bidone della carta (giallo) per quello della plastica (azzurro). Riprendo Susanna sulle rive, mi piacerebbe accompagnarla fin sotto al traguardo, ma il mio corricchiare lento, con la rotula che vuole arrivare prima di me, è più veloce del suo corricchiare e se rallento ancora rischio di non riavviarmi più. Penso se ne renda conto pure lei, perché mi dice di andare. E vado. All’altezza del Tommaseo vedo un fotografo un po’ strano: non ha le solite macchine professionali ma una minuscola macchinetta. Mentre sto pensando a come, in cinque ore si possano ridurre le macchine fotografiche mi accorgo che è il mio amico triestino, Moris, che non avendo potuto, per motivi di salute, fare la maratona ora prova l’ebrezza di farsi un paio di metri insieme a me (alla mia elevatissima velocità, ovvio), dopo aver rischiato l’insolazione per aspettarmi. Quando arrivo sul tappeto rosso lo speaker mi saluta con fare osannante, come fossi il pacer che ha portato al traguardo il vincitore. Io vedo solo un 5:30 e qualcosa, sul display, e allungo il passo, convinta che arriverò a 5:31 e rotti. Invece il tempo reale segnerà un 5:29:31 e qualcosa. E’ la prima volta che il tempo reale mi risulta più basso di quello irreale (5:30:17). Anche questo è un pb. Pallo e Ncino non moriranno, almeno non per mano mia. Uno andrà a Susanna, quando la vedrò arrivare, poco dopo, per la sua costanza nel non arrendersi e l’altro lo lascio ad una bimba. Non voglio mica avere sulla coscienza la morte di due compagni di una squadra fortissimi.
Enrica Guerra



Maratona di Trieste deciso all'ultimo per non sprecare la preparazione, certo una sfacchinata. Partito 16.30 del sabato,c ena in Slovenia, dormito poco e male, sveglia alle 5. Partenza gara 8.30 con i presupposti per fare bene, parto piano, raggiungo e supero i pacemaker delle 3.45 e decido di tenere un ritmo per fare 3.35...tutto fila liscio e gara piacevole con un gran paesaggio, purtroppo all'ultima discesa di San. Croce vedendomi quasi raggiunto dai palloncini 3.45 mi butto a rotta di collo e tac.. sento tirare la coscia destra.. gara rovinata e PB pregiudicato...rallenti per non strapparmi del tutto.. mi fermo anche a fare pipi e allacciarmi la scarpa destra slacciatasi in discesa..la vado a chiudere in 3h 56m 51s peccato la mia presunzione galeotta l'ultima discesa. Poi dietro comunque il significato che gl'avevo dato alla partenza con le lacrime negli occhi per il mio papà che non sta bene...certo 2 Maratone in 21gg per dirgli soffro con te ma non abbastanza per l'amore che provo...Maratona di Trieste gran bella gara consiglio a tutti e grazie a capitano Nino le sue tabelle funzionano e come poi sta a noi metterci gambe e testa. Alla prossima non mi farò frenare discese o salite sarà PB parola di John Simon
Giovanni Simone
È come attraversare un confine invisibile, a Trieste, alla Europe Marathon & Half, quando si arriva al traguardo in Piazza dell’Unità d’Italia.
I tuoi occhi che fino a quel momento hanno scoperto solo il colore dell’asfalto, il verde dei monti e l’azzurro del mare sullo sfondo… a un certo punto registrano il passaggio a una dimensione diversa e sempre nuova:
il traguardo!

La “Half” parte da Duino e le salite sono già dalla nostra parte, è un ottimo inizio…si fa per dire!
Dopo un paio di Km la strada spiana e lo sfondo cambia del tutto: il tappeto di asfalto si snoda sotto i piedi, a sinistra il verde dei monti e a destra lui, il mare.
Lo spettacolo acquista tutti i punti necessari che valgono l’intero prezzo del biglietto. La strada spiana e poi leggermente inizia la sua discesa, la sensazione che arriva dai piedi ripercuotendosi fino alla testa è delle migliori: inizia la discesa, la questione si fa semplice e interessante.  Eh no, la discesa aiuta ma se non sai gestirla… dopo è un gran casino.
Il sole picchia forte, non risparmia nessuno, ma il passaggio all’ombra sotto la “grotta” naturale è l’occasione migliore per riordinare i pensieri e non lasciare spazio a indecisioni. Il vento leggero rinfresca un attimo, poi ancora il sole. La discesa sta per finire e contro ogni pronostico, ha appesantito le gambe e fatto salire i battiti.
Eppure, in lontananza si vede già il Castello di Miramare, è quasi fatta… o così sembra.




E’ il momento di rifiatare e appena la strada torna a regalare una simil-pianura, ci si può rincuorare… cambio di scena, ma mancano ancora quasi 8 km.
Lo avevano detto, la discesa va gestita, ma fino a quando non ci sbatti il naso… chi ci crede? Parti carico e contento, dalla partenza sino a lì, e ora… e ora stai zitto e corri, la tua dose di ossigeno l’hai già avuta col venticello fresco, non puoi mica chiedere altro! Con quel che resta, dritto fino al traguardo… e se vuoi fare il pb, perché lo vuoi fare… devi anche darti una mossa!
E mentre sei nel mezzo di questi spiccioli pensieri tecnici, non ti accorgi che i Km scorrono, sfilano senza risparmiarti nulla, e a un certo punto… un sacco di gente lungo le transenne!
La piazza è a un tiro di schioppo!!!! Piena di gente, piena, piena, di più!!!
A questo punto, non si sa esattamente come ciò possa accadere, fatto sta che anche se sei moribondo, l’ultimo Km è il più veloce della gara!
E’ fatta, una gara intera sotto al sole cocente per vivere quella manciata di secondi: passare sotto il traguardo, staccare il garmin e sorridere a mille.
La ricompensa, adesso, è tutta tua! (Dov’è la birra?!).

Trieste è magnifica, ti rapisce il cuore senza nemmeno chiederti il permesso. Io la lascio fare alla grande, appuntamento al 2017!





Laura Genuardi






 


 




Green Europe Marathon 42.195 km
Sarno Aniello
2:59:00
4:15 min/km
42+26
Frozzi Paolo
3:28:31
4:56 min/km
42+18
Corà Massimo
3:28:31
4:56 min/km
42+18
Barbieri Fulvia
3:41:51
5:16 min/km
42+20
Capatti Alessandra
3:56:17
5:36 min/km
42+16
Simone Giovanni
3:56:51
5:37 min/km
42+10
Fardella Alessandro
3:59:40
5:40 min/km
42+9
Guerra Enrica
5:29:31
7:50 min/km
42

Bavisela Generali Family 10.00 km
Cavalieri Erica
10
Ballarini Alessandro
10


Green Europe Half Marathon 21.097 km
Genuardi Laura
1:47:54
5:07 min/km
21+17
Benini Elisa
1:49:50
5:13 min/km
21+16
Bocchi Lorenzo
1:49:51
5:13 min/km
21+10
Toigo Danila
1:58:50
5:39 min/km
21+10
Gaiba Stefania
2:02:00
5:48 min/km
21+9

2 commenti:

  1. e Bravi i miei due pace maker da record (Paolo e Massimo, 3.30)!!
    Grazie del supporto.
    martina

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    1. Ciao Martina!!!! Sei stata bravissima!! Complimenti ancora è stato un grande piacere correre con te e un pochino averti aiutato a raggiungere il tuo personale!!! A presto!!!

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