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mercoledì 16 giugno 2021

GIULIETTA & ROMEO HALF MARATHON: A VERONA TRIONFA L' AMORE (PER LA CORSA)

Si riparte. In tutti i sensi, in tutti i modi.

Si riparte, ma noi fermi non siamo stati mai, neanche quando si poteva correre a duecento metri da casa; noi che abbiamo riposto le scarpette per mesi, perché uscire significava esporsi agli insulti degli sceriffi di quartiere, appollaiati sui loro balconi, pronti a scandire il loro slogan "vai a correre a casa tua". Noi che ci siamo allenati nel giardino dietro casa, sotto gli occhi attoniti del vicino di casa. Noi che abbiamo corso con le mascherine addosso, senza respiro, con l'autocertificazione in tasca; noi che ci siamo infortunati, che abbiamo recuperato da malanni fisici, che ci siamo preparati per un lungo anno e più per gare che venivano cancellate pochi giorni prima dell'evento. Noi, che in zona rossa abbiamo visto a correre sui nostri sentieri la gente più improbabile (dove saranno finiti oggi tutti quei runners improvvisati?), e che in un momento terribile per il Paese siamo stati giudicati dall' Inquisizione Spagnola, solo perché cercavamo di rimanere sani, fisicamente e mentalmente.


Noi che alla fine "ragazzi, devo ammettere che delle gare non me ne frega più un cazzo: non vedo l'ora solo di trovarci tutti assieme la domenica, abbracciarvi e far balotta".

E' arrivato il nostro momento: si riparte. 

Il giorno della vigilia della gara, sembra quello della tua prima gara in assoluto.

La canotta di Corriferrara è ancora al suo posto in quel cassetto, piegata e ben riposta: fa un po' specie... ti chiedi se ti andrà ancora bene o se sei ingrassato a tal punto da non entrarci più. E' sempre la più bella, la sagoma del Castello Estense, la bandiera italiana, il motto "run is freedom".. quanto è vero! La corsa rende liberi... 


Fare lo zaino non è più quell'operazione naturale e meccanica che facevi in 10 minuti la sera prima della gara: pensi mille volte a cosa portarti via; calze, pantaloncini, mutande, cerotti, berretto, gel, occhiali, scarpe, lo sportwatch, la crema solare... è pieno giugno, però metti nello zaino anche la maglia a maniche lunghe: non si sa mai! Per mettere quattro stracci nello zaino, ci impieghi quasi un'ora; entri e rientri nel sito dell'evento per assicurarti di aver capito bene a che ora si partirà, in quale griglia sei stato inserito, la documentazione da presentare all'accesso. Vieni assalito da dubbi fantozziani: "obbligo di indossare la mascherina per i primi 500 metri"... e se per caso l'abbasso o la perdo cento metri prima, verrò squalificato? 

Vai a dormire con l'ansia, sperando di riuscire a svegliarti alle 5: lo start della gara è fissato alle 7 per evitare le ore più calde, ma è comunque una levataccia a cui non sei più abituato, e ti riprometti che qualche volta andrai ad allenarti con gli "alba runners" Gigi & Friends.

Arrivi a Verona alle prime luci dell'alba (in realtà siamo in giugno ed albeggia alle 4: dettaglio romanzato ai fini narrativi), ti sta simpatico anche il parcheggiatore che ti indica dove arrestare la tua auto, in un piazzale sconfinatamente vuoto. Avevi dimenticato l'orda di runners che si cambia di fronte al portabagagli dell'auto aperto, ognuno immerso nei propri rituali pre-gara. Non vedi un solo pettorale storto, tutti precisi e perfetti, i colori diversi a seconda della griglia di appartenenza.


Da lontano senti già la voce dello speaker, impegnato nel lungo preambolo prima del via: l'introduzione dei top runners, le ultime istruzioni per la chiamata alla partenza. Mentre ti incammini verso lo stadio Bentegodi, cerchi attorno a te maglie famigliari e pian piano cominci a vedere compagni di squadra, facce note, altri che non avevi mai visto prima; non fa differenza, tutti si avvicinano con gioia e attaccano conversazione, condividendo le loro emozioni del momento.

Il rituale della foto pre-gara è un po' arrugginito e le partenze scaglionate non agevolano: ci troviamo a gruppetti di tre o quattro, facciamo decine di foto: che importa se non siamo tutti assieme, faremo un collage! L'importante sono i sorrisi di tutti, sinceri e genuini.


Qualcuno si scalda e corre (in realtà sono molti), qualcuno fa degli scatti che fanno sudare anche te che sei fermo a guardarli e tu ti chiedi "ma che vi scaldate a fare, che ci sono già 25 gradi alle 7:30 del mattino, e dopo tre chilometri produrrete lo stesso calore di una stufa a pellet?". Tu, che non gareggi per il pass olimpico ma hai alle spalle un discreto background di gare, decidi saggiamente di dirottare su un po' di stretching da fermo: ti scalderai progressivamente in gara. La mente è libera: non hai obiettivi di tempo, solo divertirti. 

Senti lo sparo dello start: sono partiti i top runners: sono le 7:30 in punto. Cominciano a chiamare le altre griglie con i numeri di pettorale più alti, sale un po' l'adrenalina, oltre che ovviamente la temperatura. Arriva il tuo momento, manca poco alla partenza, nella testa una confusione che offusca ogni razionalità con la quale avevi impostato scientificamente la gara e l'andatura da tenere. Devi ancora fare il primo passo di corsa che hai già le pulsazioni a 170 bpm. Un addetto alla partenza ti indica un bollino giallo sul terreno, il segnaposto sul quale posizionarti per mantenere il distanziamento.

All'improvviso, senza che sia richiesto e spontaneo come un sorriso, parte un applauso che ti entra dentro e ti aggroviglia lo stomaco, lungo, disarmante, intenso: siamo noi, siamo i runners, non una sola parola ma tutta la nostra emozione di quell'istante prima del via. Hai già gli occhi lucidi ma parte la gara, superi la linea dello start e quando attivi lo sportwatch hai di fronte a te 21 km e 97 metri di rovente fatica: poco conta, il tuo cuore è l'epicentro della festa.

Si riparte. 























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