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martedì 14 marzo 2017

KOKOS TRAIL: LA JOTA È LA MEDAGLIA SPECIALE DI ENRICA GUERRA


Il Kokos, una cresta tra Italia e Slovenia di qualche centinaio di metri d'altezza con pendenze che, a occhio e croce, girano attorno a qualcosa di più di un 20%.
La partenza è prevista presso il campo sportivo di Basovizza, dove arrivo poco dopo le 8 per il ritiro del pettorale. Mi accoglie un "borino" che soffia a raffreddare l'inizio di giornata.
 Comincio a maledire l'idea di avere messo i pantaloncini corti, la maglietta a maniche corte, ma alla fine si rivelerà la scelta vincente.
 Alle 10 in punto si parte, da un'ala centrale del campo di calcio a lato del Kokos. Mi metto tra gli ultimi, così non sono d'intralcio a nessuno e nessuno mi sorpassa. Ecco, non capisco come mai, pur partendo tra gli ultimi, ci sia sempre qualcuno che mi superi. Sospetto siano quelli che lo sparo l'hanno sentito dal bagno e ora corrono a perdifiato. Corro pure io a perdifiato, dando quello che tosse e raffreddore mi lasciano, mentre le gambe ancora devono smaltire i dieci giorni di spray nasale al cortisone.
Un centinaio di metri sull'asfalto, preceduti dalla soffice erba del campo, e poi si percorre uno stradone sterrato.
Corricchio e cammino, valutando tendini e disponibilità d'ossigeno. Mi si affianca un runner, un altro?!?! Penso a quanti ne doveva contenere quel bagno di podisti, prima dello sparo, mentre lui valutando che abbiamo lo stesso passo dice che la faremo insieme. Solo a metà percorso, dopo che lo avrò perso di vista al primo dei due ristori, dopo otto chilometri, capirò che si trattava di uno dei due che facevano servizio "scopa".
Alla prima salita l'ho distanziato, alla seconda, ancora più impegnativa ho superato due-tre persone ansimanti. Camminata corta e posata e andavo, il tendine pure. Le salite le ho sempre preferite alle discese e si vede. Eppure, paradossalmente, mi sarà difficile frenare in discesa. Arrivo dopo quasi due ore alla sommità del Kokos, raggiungendo e superando anche due care amiche che pensavo avessero già la "medaglia" in mano.
Mi perdo sulla cima, nella confusione degli escursionisti della domenica e di birilli fuorvianti, almeno per me. È grazie a una turista che mi approccia parlandomi in una qualche lingua slava a me sconosciuta, che ritrovo il ristoro e la discesa. Parto prendendo sempre più velocità. Ad un tratto una voce dal cervello urla "il tendine!", a ricordare un po' di prudenza, mentre un'altra voce risponde di fregarsene e di guardare dove metto in piedi, e le braccia mi evitano un frontale con un albero per via di una curva presa troppo in alto che mi catapulta eccessivamente verso l'altro lato del sentiero, in basso. Gli ultimi due-tre chilometri si alternano tra sottobosco morbido e stradoni sterrati dove il tendine comincia a far sentire il suo affaticamento. Rallento e cammino un po' sugli stradoni. L'ultimo chilometro prevede un qualche centinaio di metri sull'asfalto, l'attraversamento della strada e di nuovo sottobosco che conduce agli ultimi trecento metri che costeggiano il campo da calcio, da cui siamo partiti, e riportano dentro al campo stesso. Non c'è più il gonfiabile, la cui esistenza era stata difficile fin dal mattino, a causa del borino. Sento un bip che penso sia quello che registra il tempo. Mi volto e vedo un 2 ore e 32' o giù di lì, più o meno 7-8 posizioni prima della "scopa". Vado a consegnare il chip per avere, poi, la medaglia: un piatto di jota che mangerò tra i volti meravigliati dei triestini che si riassumeranno nelle parole della "scopa" distanziata di circa 10-15 minuti: "te piase la jota?!?" Il sì penso mi faccia acquisire punti per una cittadinanza onoraria oltre ai complimenti per essere sparita dalla sua visuale.
Ritrovo, poi, una cara amica che mi dice di vedermi molto bene sullo sterrato e mi propone la partecipazione a un circuito di trail, il prossimo anno. In stanza guarderò felice quei tre minuti in meno, di media, rispetto a gennaio, mentre sommergerò il tendine di ghiaccio.
Tanto il "potente", a detta di molti, antinfiammatorio prescrittomi sono esattamente due giorni e mezzo, a riposo, che non fa nulla, quindi non sarà colpa del Kokos se il tendine è arrivato così com'era partito e questo mi basta.
Solo ora, però, mi rendo conto di non avere scattato nessuna foto, se non del paesaggio circostante e della speciale "medaglia". La prossima volta mi faccio un nodo nello scaldacollo, per ricordarmelo.


KOKOS TRAIL 16 KM 500D+ 1^ 4'48"
506^ GUERRA ENRICA    2.32'45"   9'33"  +3'45"   16+5








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