7° PUNTATA – TRA
PASTA, CAFFE' E STORIA
Il grande fiume
si è tranquillizzato, le temperature si sono fatte un po’ più
rigide ed i primi nebbioni ferraresi hanno fatto capolino in città,
e visto, che la stagione podistica agonistica, almeno nelle nostre
zone, si prende qualche pausa, inforco il mio bolide a due ruote e mi
dirigo in piazza; iniziare una domenica con una pasta, caffè e
giornale, in un bar del centro, è sempre un inizio molto rilassante
della giornata.
Ricciola mangiata, caffè macchiato bevuto, le
ultime sulla Spal lette, rapido sguardo alla cronaca locale e poi
via, due passi per il centro sono di rigore (chiaro, ho anche pagato
prima di uscire!).
Lascio la bicicletta nella rastrelliera di Via
Scienze, e decido di partire da via Saraceno con in mano,
“casualmente”, la mia Nikon (il presidente, Massimo Corà, si sta
facendo esigente, mi richiede sempre più foto!!).
Via Saraceno, una antica via di Ferrara, da sempre,
con vocazione commerciale, oggi ricca di bar e pizzerie, mentre nel
passato le attività erano più variegate.
Secondo Gualtiero Medri, il nome di questa strada
deriva dall'antica famiglia dei Saraceni, un nobile casato che sul
finire del '300, lasciata la Toscana, si trasferirono a Ferrara,
prendendo residenza nel palazzo in angolo con Via Terranuova, ma
altre teorie sussistono su questa origine, lo Scalabrini ad esempio,
sosteneva che il nome deriverebbe dall'esistenza di una insegna di
bottega raffigurante un Saraceno, e per ultimo il Melchiorri farebbe
derivare il nome dai dei giochi, “corse del saracino”, che nel
periodo estense si sarebbero tenuti in queste zone; insomma, che
abbia ragione uno o l'altro, poco importa, meglio proseguire.
La prima sosta è al civico 58, davanti la chiesa di
Sant'Antonio Abate. Oggi desolatamente chiusa al pubblico, prima per
crisi di vocazioni, poi il terremoto del 2012 gli ha dato
un'ulteriore “botta”. La chiesa risale al secolo XIV, ma nel
susseguirsi del tempo ha subito vari rifacimenti e, fortunatamente,
vari restauri. Con l'arrivo delle truppe napoleoniche, come molte
altre in città, subì la chiusura (anno 1796), per poi essere
riaperta il 20 settembre 1866.
La chiesa è una della poche in città che possiede
un abside esagonale, e lo si può notare solo da via Cavedone. Da
rimarcare ancora, il crocefisso dipinto nella parete esterna in
angolo via Cavedone/Saraceno, restaurato nel 2001, ma da parecchi
anni chiuso da due ante in legno, ma si possono ancora leggere le
lapidi che sono poste in basso al dipinto; questo era un luogo di
raccolta e di venerazione durante le epidemie.
Lapide 1 - primo piano |
Lapide 2 - primo piano |
Lapide 3 - primo piano |
Ora abbandono la chiesa e proseguo, faccio qualche
decina di metri, ed un'altra piccola sosta è di rigore davanti al
grande palazzo del civico 95. Questa imponente costruzione, da anni
nota casa di riposo, nel medioevo fu dimora della famiglia degli
Obizzi, alcuni dei quali furono valenti diplomatici e militari degli
Estensi.
Fino ai primi del '900, l'entrata principale era in
Via Paglia (su quello che è l'attuale retro del palazzo).
Il passeggio per via Saraceno riprende, ma per pochi
secondi, le mie Nike, arrivate all'altezza di Orsucci, si vogliono
fermare, in questo caso, per ricordare un film, proprio tra la
pizzeria e l'attuale ristorante “Il Sorpasso” (ma per tanti anni
fu il “Bar Ferrara” e ancora prima “Caffè Tripoli”) venne
girata una delle scene principali del film “Ossessione”.
Ferrara N° 1 anche nel cinema quindi, siamo nel
1942 ed il grande regista italiano, Luchino Visconti, gira nella
nostra città scene di questo film che è considerato il
lungometraggio che ha dato vita al movimento del Neorealismo, oltre
ad essere uno dei primi 100 film del cinema italiano da salvare.
Per Porta San Pietro sono passato la settimana
scorsa, quindi oggi svolto in Via Fondobanchetto.
La via attuale non ha molto, se non la facciata
dell'antica chiesa di San Martino (ora ridotta a garage), anch’essa
chiusa, come tante, nel periodo napoleonico. Dopo l’uscita dei
francesi, ebbe una “vita movimentata”, per passare
definitivamente in mani private a partire dalla fine dell’800.
Negli anni ’60 fu sede del laboratorio del pittore Leone Caravita.
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Ex Chiesa di San Martino |
Di questa strada è comunque curioso il suo nome.
Fondo Banchetto...... siamo nel 1240, Ferrara è
assediata da vari mesi da Azzo VII d'Este, ma i Salinguerra (la
famiglia più potente all'epoca in città) resistono tenacemente, ma
per evitare ulteriori spargimenti di sangue, le opposte fazioni
decidono di sancire una tregua durante una cena (un banchetto
appunto) in uno dei palazzi dei Salinguerra (probabilmente negli
attuali civici 43-45), ma come nelle migliori spy story
hollywoodiane, sul finir della cena (in fondo al banchetto appunto),
anziché chiudere la serata a tarallucci e vino, Salinguerra II viene
rapito dagli Este e fatto portare a Venezia, dove morirà 5 anni dopo
e gli Estensi avranno così campo libero nella conquista della città.
Lascio Fondobanchetto e continuo ad inoltrarmi in
questa parte della città, una zona poco trafficata, dove il silenzio
in ogni parte della giornata la fa da padrone. Forse, ma devi essere
proprio fortunato, quando passeggi per queste viuzze, puoi incontrare
qualche gatto e qualche bicicletta, è un peccato che questa zona sia
fuori dai normali itinerari turistici o forse, è anche la sua
salvezza…chissà.
Giunto in Via Coperta mi dirigo verso Via
Ghisiglieri, la via che ricorda una antica famiglia di origine
bolognese ma, come sostiene il Melchiorri, il nome potrebbe derivare
anche da una storpiatura del termine “consiglieri”, visto che nel
periodo medioevale, in queste zone esisteva il Palazzo della Ragione.
A metà strada, verso via Borgo di Sotto, una lapide
ricorda l’esistenza dell’antica chiesa di Sant’Apollinare,
anche in questo caso, la sua fine iniziò, con l’arrivo a Ferrara,
degli antenati di Sarkozy e Hollande.
Giungo alla fine di Ghisiglieri e con mia grande
sorpresa, un paio di operai, stanno scaricando del materiale edile
nel cortile dell’Oratorio dell’Annunziata o chiesa della Buona
Morte; l’occhio immediatamente va all’edificio, finalmente sono
iniziati i lavori di manutenzione.
Oratorio dell'Annunziata |
Siamo davanti ad uno stabile del XIV secolo, poco
conosciuto e da sempre fuori dai normali percorsi turistici, ma
nonostante sia chiuso da tempo e quindi con evidenti segni che il
tempo lascia, chi ha avuto la fortuna di vederlo aperto, come il
sottoscritto (fino a prima del terremoto del 2012, grazie all’opera
di volontari, si facevano periodicamente delle visite guidate), è
rimasto colpito dalla magnificenza del luogo. Il soffitto è a
cassettoni, tutti riccamente colorati, alle pareti un ciclo di
affreschi (fra gli altri, anche dai membri della famiglia Filippi),
con tema la Leggenda del Legno della Santissima Croce.
L’oratorio, faceva parte di un gruppo di locali,
che identificavano l’Ospedale dei Battuti Neri.
Questi erano una confraternita caratterizzata da
tonache completamente nere, la loro missione consisteva nel portare
sollievo a pellegrini, a moribondi indigenti e successivamente,
furono anche coloro che seguivano i condannati a morte nelle ultime
ore e fino a tumulazione avvenuta. La zona era così “sinistra”
che nei pressi esistevano le vie della Morte e dei Lacci (per
ricordare i lacci dei condannati a morte).
Speriamo solo che questi lavori siano corposi e non
un semplice rattoppo, il luogo merita, questo è un piccolo gioiello
della città.
Ed ora? Santa Maria in Vado o il Monastero del
Corpus Domini?
Vista l'ora torno alla bici e la prossima domenica
ripartirò da qui, tanto la canotta Corriferrara la lascio ancora
tranquillamente nel cassetto, le campestri non fanno per me, le
lascio ai nostri top runners, Paolo Callegari in testa.
Alessandro Polesinanti